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Cronaca Porto San Pancrazio / Lungadige Galtarossa

Propone a una giovane di installare rilevatori di gas insaturi in casa, ma viene arrestato per truffa dalle volanti della polizia

Nei confronti del trentenne, il questore di Verona ha già emesso la misura di prevenzione dell’Avviso Orale che per tre anni gli vieterà di fare ritorno nel Comune di Verona

La questura di Verona riferisce in una nota che le volanti della polizia di Stato hanno arrestato, nella giornata di giovedì, un trentenne bresciano. Quest'ultimo, secondo ciò che viene riportato nella nota della polizia, avrebbe tentato «una truffa ai danni di una giovane veronese», presentandosi come un tecnico e proponendo di «sottoscrivere un contratto per installare dei rilevatori di gas insaturi».

Proprio la ragazza in questione, non appena intuito di poter essere stata vittima di un raggiro, avrebbe però avuto l’accortezza di chiamare il fidanzato che, a sua volta, avrebbe immediatamente segnalato l’accaduto al 113. Quando i poliziotti hanno poi individuato il trentenne, quest'ultimo, stando a ciò che riporta la questura veronese, avrebbe avuto ancora indosso un gilet munito di tesserino di riconoscimento con, davanti, lo scratch "Sicurezza Gas" e sul retro la scritta di una nota ditta. L’uomo, in base a quanto si apprende, una volta bloccato, sarebbe poi stato accompagnato presso gli uffici di Lungadige Galtarossa.

La ricostruzione della vicenda

I poliziotti spiegano di aver raccolto la denuncia della giovane vittima, la quale ha raccontato che il trentenne si sarebbe inizialmente qualificato come «tecnico incaricato da una nota ditta ad installare due dispositivi di sicurezza per la rilevazione dei gas ed anti-incendio». In aggiunta, sempre secondo ciò che viene riportato dalla polizia, l'uomo le avrebbe mostrato «un volantino» che, a suo dire, sarebbe stato «apposto all’ingresso del condominio per avvertire i residenti che in quei giorni si sarebbero presentati dei tecnici qualificati per installare dei sistemi di sicurezza per il gas». Riferendosi poi a una presunta «obbligatorietà prevista dalla legge di munirsi di tali dispositivi», in particolare per gli abitanti delle case comunali, l’uomo sarebbe infine riuscito a carpire la fiducia della ragazza. Il trentenne in questione, secondo il racconto della giovane riportato dalla questura, avebbe inoltre spiegato che la «cifra di 79 euro» per l'installazione del primo apparecchio sarebbe risultata «deducibile dalla dichiarazione dei redditi 730», mentre addirittura la seconda dotazione sarebbe stata «a spese dello Stato». Inoltre, il versamento sarebbe dovuto essere effettuato «mediante bancomat al fine di garantirne la tracciabilità».

Dinanzi a tutte queste spiegazioni, la ragazza si sarebbe quindi lasciata convincere circa la pretesa trasparenza dell’operazione. Tuttavia, a destare i suoi sospetti sarebbero stati quelli che la polizia definisce «strani ed anomali movimenti» con cui il trentenne (mentre lei sarebbe stata intenta ad inserire il Pin per portare a compimento la transazione) avrebbe coperto con una mano l’importo digitato sul display del Pos. La giovane si sarebbe quindi allarmata ed avrebbe avuto la prontezza di chiamare il fidanzato, affinché  a sua volta avvisasse il 113. Nel frattempo, l’uomo sarebbe uscito dalla sua abitazione e la giovane lo avrebbe rincorso. Gli agenti delle volanti riferiscono di aver poi condotto una serie di ulteriori accertamenti, dai quali sarebbe emerso che l'uomo risulterebbe «gravato da pregiudizi penali per reati contro il patrimonio, in particolar modo per truffa». Inoltre, la nota della questua di Verona rivela che, stando sempre alle indagini degli agenti delle volanti, nella stessa mattinata il trentenne avrebbe stipulato già «altri contratti».

L'arresto e i provvedimenti

In base a quanto segnalato nella nota della questura di Verona, i poliziotti avrebbero ricostruito che il trentenne in questione, lo scorso novembre, sarebbe stato individuato quale presunto responsabile di un ulteriore analogo episodio che, in questo caso, sarebbe stato commesso nei confronti di una donna anziana. In base ad «ulteriori elementi» raccolti sempre dagli investigatori, la questura scaligera rivela inoltre che risulterebbero «attualmente pendenti altri procedimenti penali per fatti analoghi a quello in oggetto» nei confronti di sedicenti "tecnici" della ditta. Ultimati quindi i dovuti accertamenti, la polizia riferisce che l’uomo è stato «tratto in arresto per truffa». Nei suoi confronti, in base a quanto si apprende, il questore della provincia di Verona ha altresì emesso la «misura di prevenzione dell’Avviso Orale, con la quale gli verrà vietato di fare ritorno nel Comune di Verona per la durata di tre anni».

L’episodio in questione, secondo quanto viene precisato dalla polizia, testimonia di come «il pericolo delle truffe sia all’ordine del giorno e che, in un’ottica di prevenzione, è fondamentale fornire, soprattutto alle persone anziane, che spesso vivono da sole o che comunque non hanno compagnia per gran parte della giornata, informazioni che consentano loro di tutelarsi da truffatori e malintenzionati». In tal senso, la nota della questura ammonisce: «Dbbiamo far sapere ai nostri nonni e genitori che non sono soli e che la polizia di Stato è sempre presente e, quando si hanno dubbi sulle persone che si incontrano o che vogliono entrare in casa, è bene telefonare al 113». In chiusura, con riferimento alla vicenda, la nota della questura di Verona, precisa che «la responsabilità penale di ciascuno si considera accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile».

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