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Cronaca

Truffa e bancarotta fraudolenta: due persone arrestate da Guardia di Finanza e Polizia

L'indagine delle forze dell'ordine di Verona nel mese di luglio aveva già portato al sequestro preventivo di circa 20 milioni di euro nei confronti di 28 società e 8 persone

Due persone sono finite in manette nella giornata di mercoledì con l'accusa di truffa e bancarotta fraudolenta, al termine delle indagini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato di Verona, delegate e coordinate dalla Procura della Repubblica scaligera. 
I due si erano avvicendati nella carica di legali rappresentanti di una società fallita operante nel settore della costruzione di edifici, che nel 2020 aveva trasferito la sede dalla provincia di Verona a quella di Roma: a loro carico e su richiesta della Procura, il gip del tribunale veronese ha emesso un’apposita ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere.

Un provvedimento, spiegano le forze dell'ordine, che arriva al termine di una complessa attività investigativa che negli ultimi mesi ha visto lavorare in sinergia i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona e gli agenti della sezione della Polizia giudiziaria presso la medesima Procura della Repubblica. Indagine che nel mese di luglio di quest'anno aveva portato al sequestro preventivo di circa 20 milioni di euro nei confronti di 28 società e 8 persone fisiche (tra le quali la predetta società fallita e gli attuali arrestati), accusate a vario titolo per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, anche ai danni dello Stato, all’insolvenza fraudolenta, alla ricettazione, al riciclaggio e all’autoriciclaggio, all’accesso abusivo al credito e alla bancarotta fraudolenta.

L'inchiesta è partita da alcuni approfondimenti svolti su una società della provincia operante nel settore dell’"organizzazione di lavoro", la quale sarebbe stata al centro di un vorticoso giro di false fatture emesse da altre società compiacenti per ingannare gli istituti di credito interessati per la stipula di contratti di leasing, ai quali veniva fornita una falsa rappresentazione di solidità finanziaria proprio per farsi riconoscere linee di credito per circa 11 milioni di euro, 6 milioni dei quali riferiti a finanziamenti garantiti dallo Stato in forza della normativa di sostegno alle imprese connessa all’emergenza Covid-19.

Un sistema truffaldino, architettato con la connivenza di altri soggetti, che avrebbe previsto il ricorso artificioso a contratti di leasing per l’acquisizione di macchinari industriali, il cui valore reale era di gran lunga inferiore (anche di un terzo) a quello dichiarato alle banche, le quali sarebbero state ingannate due volte: la prima all’atto della stipula del contratto di leasing, dal momento che le stesse finanziavano l'acquisto di un bene che in realtà valeva molto meno rispetto agli importi corrisposti, la seconda perché la società debitrice del leasing (come quella in rassegna, teoricamente utilizzatrice del bene) non pagava le rate dovute facendo perdere le tracce dei macchinari e impedendo così alla banca concedente di rientrarne in possesso.

Gli inquirenti hanno puntato i fari, più in dettaglio, sull’operato della società veronese di costruzioni che, prima di fallire, sarebbe stata affidata alla "gestione" di un vero e proprio prestanome, dimorante presso un centro di accoglienza per persone indigenti.

I finanzieri e i poliziotti avrebbero accertato che i due indagati finiti in manette (ovviamente non ancora colpevoli fino a quando la loro responsabilità non sarà accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili) avevano fatto sistematico ricorso al credito, ottenendo tra il 2018 ed il 2019, finanziamenti per oltre 3,2 milioni di euro, nella maggior parte dei casi garantiti dallo Stato, dissimulando lo stato di insolvenza della società e rendendosi da subito inadempienti ai correlati obblighi di restituzione delle rate.

In un caso, i militari delle Fiamme Gialle e gli agenti della Polizia di Stato avrebbero rilevato che la suddetta società, quando era già in difficoltà finanziaria, aveva richiesto due mutui bancari per l’importo di 850 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di Garanzia, il quale, una volta accertata l’inadempienza, è stato costretto ad accollarsi i costi legati al pagamento dell’80% della parte residuale di finanziamento non onorata.

Proprio a riguardo di queste ultime forme di sostegno pubblico, per lo più legate all’emergenza Covid-19, le Fiamme Gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno interessato le Autorità amministrative preposte per l’avvio delle azioni di revoca delle agevolazioni indebitamente concesse.

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