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Pestato in via Mazzini perché ritenuto membro di una baby gang: 23 militanti di Casapound nei guai

Le perquisizioni della Digos di Verona scattate all'alba di martedì, avrebbero permesso di sequestrare abiti e accessori che sarebbero stati utilizzati durante l’aggressione del 22 gennaio ai danni di un 17enne e del suo gruppo di amici

Sono ritenuti responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, dei reati di lesioni personale aggravate (dai futili ed abietti motivi, dall’aver agito con premeditazione ed in gruppo) e violenza privata aggravata ai sensi dell’art. 339 c.p. (violenza commessa da più persone riunite), i 23 individui appartenenti al movimento politico Casapound Italia/Blocco Studentesco, destinatari delle perquisizioni scattate all'alba dell'8 marzo ed eseguite dalla Digos della Questura di Verona, con la coordinanzione della Procura scaligera e di quella per i Minorenni di Venezia, cui hanno collaborato anche il personale della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, della Digos di Trento e di Rimini. 
Al centro delle operazioni il pestaggio avvenuto ad inizio 2022 nel pieno centro di Verona

L'aggressione

Era infatti il 22 gennaio quando un ragazzino di soli 17 anni è stato aggredito in Mazzini, sotto gli occhi attoniti di chi si trovava lì per fare shopping o semplicemente per godersi la bella giornata di sole.

Quel pomeriggio la vittima si trovava in compagnia di 4 amici, tutti minorenni e "colpevoli", secondo gli investigatori della Polizia di Stato, di aver incrociato sulla propria strada un gruppo di ragazzi più grandi loro, che quel giorno avrebbero deciso di percorrere le vie del centro con un obiettivo preciso: dare la “caccia” a chiunque sembrasse appartenere ad una baby gang. Questo sarebbe il movente del pestaggio secondo le forze dell'ordine, ma la vittima e i suoi amici non farebbero parte di una delle bande giovanili ultimamente finite alla ribalta delle cronache: l'ipotesi è che alcuni dettagli abbiano portato il gruppo ad etichettarli come tali, e quindi a ritenerli meritevoli di “attenzione”, forse il loro modo di vestire o i tratti somatici. 

Secondo la Digos scaligera, l'episodio troverebbe la sua origine nel confronto avviato sui social tra giovani appartenenti alla formazione di estrema destra CasaPound Italia ed un ragazzo presumibilmente appartenente ad una di queste sedicenti baby gang, dimorante in provincia di Milano. Prima sarebbero partiti gli insulti reciproci, poi si sarebbero dati appuntamento per la resa dei conti nella zona delle Torricelle, che si sarebbe dovuta svolgere proprio nel primo pomeriggio di sabato 22 gennaio. 
Lo scambio di battute non è sfuggito però alla Digos che, oltre a denunciare il giovane milanese per istigazione a delinquere e tenuto conto dei contenuti preoccupanti dei messaggi postati, ha monitorato costantemente le mosse dei giovani de "Il Mastino" (riconducibile a Casapound Italia) e deciso poi di predisporre un servizio di osservazione, finalizzato ad evitare che le "promesse" fatte dalle due fazioni nel mondo virtuale trovassero concretezza in quello reale. 

Ma nonostante l'attività preventiva, nel primo pomeriggio del 22 gennaio, sulle Torricelle sono stati identificati 23 giovani, tutti vestiti di scuro, alcuni con degli ombrelli al seguito anche se in cielo brillava il sole e tutti appartenenti a Casapound Italia/Blocco Studentesco. Tra questi, anche personaggi giunti da altre province. 

Presenza che non è stata ritenuta casuale dalla polizia: il gruppo sarebbe stato pronto ad intercettare la controparte, nell’eventualità che quest’ultima avesse deciso comunque di presentarsi all’appuntamento. Dopo essere stati allontanati, questi si sarebbero diretti nel centro cittadino, secondo le forze dell'ordine sempre intenzionati a cercare qualcuno da "affrontare": infatti, giunti compatti all’altezza di Porta Leoni, avrebbero ad inveire nei confronti di un ragazzo che aveva avuto l’unica responsabilità di incrociare il loro cammino, ma accortisi della presenza del personale della Digos, avrebbero deciso di desistere. Si sarebbero così incamminati in via Mazzini sempre in formazione compatta, passando in rassegna con sguardi intimidatori tutti i giovani presenti, raggiugendo piazza Brà, alcuni ancora muniti di ombrello nonostante la giornata di sole. 
A questo punto il personale della Polizia di Stato si sarebbe allontanato per un altro intervento nella medesima piazza e il gruppo ne avrebbe approfittato per tornare in via Mazzini, dove avrebbe agganciato le giovani vittime all’altezza della fontanella presente dinanzi la farmacia Due Campane. A quel punto avrebbero rivolto loro insulti e minacce, per poi decidere di passare alle vie di fatto: nel giro di pochi minuti, il 17enne sarebbe stato ripetutamente aggredito. Dopo aver ricevuto calci e pugni da parte di tre militanti di CPI, sempre spalleggiati dall’intero gruppo, il giovane sarebbe stato aggredito una seconda volta all’altezza del negozio “Grand Vision”, dove un militante già protagonista della prima aggressione, lo avrebbe afferrato ed immobilizzato cingendo la testa del minore con un braccio, costringendolo a voltarsi verso gli altri componenti del gruppo di estrema destra. Nel frangente due di questi (uno dei quali che a sua volta avrebbe partecipato al primo episodio), lo avrebbero nuovamente colpito con calci e pugni in faccia, mentre gli altri amici della vittima sono riusciti a scappare per le vie del centro. 
Il giovane è stato poi soccorso ed affidato alle cure del personale sanitario, che ha riscontrato una policontusione e una possibile infrazione ossa nasali, con una prognosi di 15 giorni. 

Identificati e perquisizioni

Identificati tutti e 23, dovranno rispondere delle accuse mosse loro e precedentemente citate. Si tratta di personaggi già noti alla Digos per la loro militanza nella compagine di estrema destra, di un'età compresa tra i 45 ed i 17 anni (due i minorenni), 12 dei quali con precedenti di polizia anche specifici.
All’esito delle perquisizioni, sono stati sequestrati abiti e accessori che sarebbero stati utilizzati durante l’aggressione e diversi dispositivi elettronici utili per il prosieguo delle indagini.

Un quadro preoccupante

Secondo l'ufficio della Digos, l'aggressione sarebbe da ricondurre, «così come ricostruito nei fatti, all’interno della “contrapposizione” che negli ultimi tempi ha interessato giovanissimi appartenenti a sedicenti bande giovanili e militanti della formazione di estrema destra CPI: ne sono la riprova, non solo i messaggi lanciati sui social, ma anche il “regolamento di conti” sventato da questo Ufficio e la successiva discesa in città finalizzata comunque ad intercettare giovani che per il modo di atteggiarsi, vengono etichettati come appartenenti ad una baby-gang e quindi meritevoli di “attenzioni” da parte dei giovani di estrema destra. Nonostante sapessero di essere seguiti a distanza da operatori di questo, questi giovani hanno comunque deciso di portare avanti i loro intenti criminosi, prendendosela con ignari ragazzi che hanno avuto l’unica colpa di incontrare i loro sguardi. Fa riflettere anche il fatto che il tutto sia avvenuto in pieno centro cittadino, in quello che potremmo definire “il salotto veronese”, noncuranti del fatto di trovarsi ad agire alla presenza di decine e decine di persone che a quell’ora si trovavano a passeggiare in una delle vie dello shopping più frequentate il sabato pomeriggio».

Casapound

Non ha tardato ad arrivare il commento di Casapound Verona, che parla di propaganda «che nelle scorse settimane ha visto coinvolti i soliti personaggi politicamente schierati nel demonizzare l'avversario», mettendo nel mirino Anpi, Berizzi, Partito Democratico e «testate giornalistiche più interessate agli scoop che ai fatti di cronaca». 
«Siamo esterrefatti dalla facile indagine politicizzata che è stata messa in atto dagli inquirenti veronesi - dicono dal movimento politico -. Equazioni che sanno più da indagine giornalistica di bassa lega, avrebbero portato ad una perquisizione di massa a nostro avviso totalmente ingiustificata. CasaPound in questo contesto si è mossa in maniera trasparente e siamo sicuri che tutti i nostri militanti usciranno facilmente da questa accusa da pre-crimine. Apprendiamo - prosegue il movimento - infatti, che nelle indagini è coinvolta la polizia di prevenzione, una divisione che - almeno per come è stata nominata - ci riporta ad un'idea di processo alle intenzioni che speravamo non facesse parte del diritto romano che è alla base della nostra civiltà. Siamo stupiti di come, talune indagini, casualmente a ridosso di campagne elettorali vengano sempre più spesso precedute da accuse politiche di avversari che nulla hanno di veritiero e sempre più spesso invece sono frutto di una logica volta ad infangare coloro che non si piegano a certe logiche diffamatorie»

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