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'Ndrangheta a Verona, coinvolta Amia: indagato Tosi, domiciliari per Miglioranzi

L'operazione Isola scaligera, diretta dalla Procura distrettuale presso il Tribunale di Venezia, ha coinvolto l'ex primo cittadino e l'ex presidente della municipalizzata

Una vera e propria scossa alla poltica veronese è arrivata dall'operazione Isola scaligera del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Verona e Venezia, che hanno operato con il supporto di equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine e di personale specializzato del Servizio Polizia Scientifica. 
Nelle primissime ore del 4 giugno, le forze dell'ordine hanno eseguito 26 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti individui e il sequestro preventivo di beni per un valore complessivo stimato in circa 15 milioni di euro. Dei destinatari delle ordinanze, per 17 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, 6 sono agli arresti domiciliari e nei confronti di 3 invece è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Questi, a vario titolo, sono stati ritenuti responsabili dalle forze di polizia di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti, anche aggravati dalle modalità mafiose.

È stata la Procura distrettuale presso il Tribunale di Venezia a dirigere le indagini, che tra il 2017 ed il 2018 sono state condotte da un gruppo di lavoro composto da investigatori della Prima Divisione del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e delle Squadre Mobili di Verona e Venezia: l'attività avrebbe permesso di portare alla luce l'esistenza di un gruppo autonomo locale della 'Ndrangheta operante a Verona e provincia, ma che sarebbe riconducibile alla potente cosca degli “Arena-Nicoscia” di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

Per l'inchiesta le forze dell'ordine si sono avvalse del contributo di alcuni collaboratori di giustizia e sarebbero emersi gravi indizi di condotte criminali tipiche delle associazioni affiliate alla 'Ndrangheta, dedite a manovre corruttive-collusive ed estorsive. Le attività avrebbero permesso di registrate anche indebiti rapporti tra alcuni appartenenti al sodalizio mafioso ed i dirigenti della società municipalizzata veronese, operante nel settore della raccolta dei rifiuti urbani, Amia. I due nomi di spicco che sarebbero stati travolti dall'indagine sono quelli dell'ex sindaco di Verona, Flavio Tosi, e dell'ex presidente della società, Andrea Miglioranzi

L'ORGANIZZAZIONE - A capo di questa di questa organizzazione ci sarebbe stata la famiglia Giardino, di origine isolitana, che autonomamente avrebbe radicato le proprie attività in terra scaligera, mantenendo però rapporti d'affari con analoghe associazioni operanti in Emilia-Romagna e Lombardia.
Il boss che gestiva il tutto sarebbe Antonio Giardino detto "Totareddu", uomo vicino alla cosca Arena-Nicoscia, che insieme al suo clan avrebbe mantenuto i rapporti con la casa madre. Secondo gli inquirenti, la 'Ndrangheta aveva piano piano messo radici a Sona fin dagli anni '90 e il ramo "locale" avrebbe agito da tramite per riciclare il flusso di soldi provenienti dalla Calabria. La polizia sarebbe riuscita ad infiltrarsi nell'organizzazione, che guardava a più attività, sia pubbliche che private, riuscendo a costruire una serie di rapporti reciproci di "dare e avere".

L'organizzazzione si sarebbe avvalsa di imprese edili per riciclare soldi, mentre Amia sarebbe stata coinvolta con lo scopo di far circolare il denaro e due dirigenti risultano ora tra gli indagati. L'ordinanza restrittiva è stata invece notificata a "Totareddu" in carcere, da dove avrebbe gestito le attività. 

TOSI E MIGLIORANZI - L'ex primo cittadino di Verona Flavio Tosi risulta indagato per peculato. Accusa che sarebbe collegata alla presunta distrazione da parte dell'ex presidente Amia Andrea Miglioranzi (che si trova ai domiciliari) di una somma "'non inferiore a 5.000 euro", che sarebbe stata impiegata per saldare una fattura di un'agenzia investigativa privata per una mansione mai svolta, ma il tutto sarebbe stato nell'interesse proprio dell'ex sindaco. 

Al termine della conferenza stampa che ha illustrato l'attività, il procuratore di Venezia Bruno Cherchi ha dichiarato: «È un’indagine sulla criminalità organizzata che tocca per la prima volta Verona, dopo Padova e la zona del Veneto orientale, che dimostra la presenza strutturata della criminalità organizzata in regione e nello specifico la ‘Ndragheta della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, con capo la famiglia Giardino. Ancora una volta abbiamo potuto evidenziare - ha proseguito Cherchi - che la ‘Ndrangheta ha valorizzato dei rapporti diversi dalla casa madre con imprese fittizie che riciclavano denaro coinvolgendo imprenditori specie edili e uomini della Pubblica amministrazione compiacenti, creando fondi cassa che venivano utilizzati per le più avariate attività criminali a cominciare dallo spaccio di stupefacenti. Quanto accaduto nel Veronese conferma quanto accaduto in altri luoghi del Veneto ed è preoccupante». 

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