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Valutazione e tasso di occupazione alti, promossi dottorati di ricerca UniVr

Positivi i risultati della relazione realizzata dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea

Nove su dieci lavorano, il loro stipendio netto è di oltre 1.800 euro e la loro valutazione dell'esperienza è mediamente positiva. Sono i dottori di ricerca dell'università di Verona, i quali sono stati oggetto di una relazione realizzata dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea. In tutta Italia, sono state analizzate le performance formative di 4.303 dottori di ricerca del 2021 e le condizioni occupazionali 5.255 dottori di ricerca del 2020 di 45 atenei (questi ultimi sono stati contattati a un anno dal conseguimento del titolo). E in entrambe le analisi, sono stati inseriti dottori dell'ateneo scaligero.

I dottori di ricerca veronesi del 2021 coinvolti nel rapporto di Almalaurea sono stati 98.
Il 3,1% di loro ha svolto un dottorato in collaborazione con le imprese (dottorato industriale o in alto apprendistato). Il 16,3% ha ottenuto un titolo congiunto o un titolo doppio o multiplo. Il 40,8% ha conseguito il dottorato nello stesso ateneo della laurea, mentre il 42,9% in un ateneo italiano diverso e il 16,3% in un ateneo estero. Inoltre, il 20,4% dei dottori di ricerca ha cittadinanza estera.
Gli studenti che decidono di iscriversi a un corso di dottorato hanno ottenuto, in media, buone performance nel percorso di studio precedente (il 67,1% ha ottenuto 110 e lode nella laurea di secondo livello). L'età media è pari a 31,9 anni e il 52,0% dei dottori ottiene il titolo di dottorato al massimo a 30 anni di età.
Aveva intenzione di iscriversi al dottorato già al momento della laurea il 72,4% dei dottori di ricerca. Tra le motivazioni ritenute decisamente importanti per l’iscrizione vi sono: il miglioramento della propria formazione culturale e scientifica (84,7%), la possibilità di svolgimento di attività di ricerca e studio in ambito accademico (59,2%) e il miglioramento delle prospettive lavorative (40,8%). E la fruizione di finanziamenti per la frequenza del dottorato ha riguardato l’85,7% dei dottori di ricerca.
Tra i dottori di ricerca, il 76,5% dichiara di aver partecipato, abitualmente per almeno un anno, ad attività formative strutturate all’interno del proprio corso di dottorato. Il 55,1% dei dottori di ricerca ha svolto un periodo di studio o ricerca all’estero e per il 42,6% di questi la durata dell’esperienza ha superato i 6 mesi. La soddisfazione complessiva dei dottori per l’esperienza all’estero è pari, in media, a 8,7 su una scala da 1 a 10. Il 40,8% dei dottori dichiara di aver dedicato alla ricerca oltre 40 ore a settimana (il 13,3% ha dedicato alla ricerca più di 50 ore alla settimana) e il 77,6% dei dottori è stato coinvolto in gruppi di ricerca. Infine l’86,7% dei dottori ha realizzato almeno una pubblicazione e, tra questi, il 90,6% l'ha realizzata in inglese.
Per analizzare la soddisfazione per l’esperienza di dottorato appena conclusa, Almalaurea ha scelto di prendere in considerazione l’opinione espressa dal complesso dei dottori in merito ad alcuni aspetti. L’acquisizione di nuove competenze e abilità specifiche ha ottenuto in media un punteggio di 8 su 10; l’approfondimento di contenuti teorici un punteggio di 7,5 e la padronanza di tecniche di ricerca un punteggio di 7,8. Il 52% dei dottori di ricerca ha infine dichiarato che, potendo tornare indietro al momento dell’iscrizione, si iscriverebbe nuovamente allo stesso corso di dottorato e presso lo stesso ateneo. Il 4,1% rifarebbe un altro dottorato nello stesso ateneo, l’8,2% un dottorato in un altro ateneo italiano, il 25,5% si iscriverebbe ad un dottorato all’estero e il 9,2% non si iscriverebbe più ad un dottorato. Il 74,5% dei dottori ritiene che per il proprio settore disciplinare ci siano maggiori opportunità lavorative all’estero. Solo il 4,1% dei dottori ritiene invece di avere maggiori opportunità di affermarsi in Italia.

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Per valutare la condizione occupazionale dei dottori di ricerca dell'università di Verona, Almalaurea ne ha contattati 103 a un anno dal conseguimento del titolo.
Tra gli occupati, il 4,3% svolge un'attività autonoma (come libero professionista, lavoratore in proprio o imprenditore), il 23,2% è assunto con un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato. Il 33,3% svolge un’attività sostenuta da assegno di ricerca, il 10,1% può contare su una borsa post-doc, di studio o di ricerca e il 27,5% dichiara di essere stato assunto con un contratto non standard. L’1,4% è impegnato con contratti formativi, lavori parasubordinati, altri tipi di lavoro autonomo o senza regolare contratto.
La retribuzione mensile netta dei dottori di ricerca è, in media, pari a 1.863 euro. Il 5,8% degli occupati svolge un lavoro part-time. L’82,4% degli occupati svolge una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione: in particolare, il 36,8% è un ricercatore o tecnico laureato nell'università mentre il 45,6% svolge un'altra professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione. Decisamente contenute le quote di occupati che svolgono altre professioni. Il 56,6% ha dichiarato di svolgere attività di ricerca, in una giornata lavorativa tipo, in misura elevata, il 30,2% in misura ridotta, mentre il 13,2% ha dichiarato di non svolgere per nulla attività di ricerca. Il 72,5% ritiene che il titolo di dottore di ricerca sia molto efficace o efficace per il lavoro svolto, il 21,6% degli occupati dichiara che il titolo è abbastanza efficace per lo svolgimento del proprio lavoro, il 5,9% ritiene che sia poco o per nulla efficace. Il 71,7% degli occupati dichiara di utilizzare in misura elevata le competenze acquisite durante il percorso di studio, il 24,5% le utilizza in misura ridotta, il 3,8% dichiara di non utilizzarle per nulla.
Il 72,5% dei dottori di ricerca è occupato nel settore pubblico, il 26,1% in quello privato, mentre l’1,4% è occupato nel settore non profit. Il settore dei servizi assorbe il 92,8% dei dottori di ricerca, mentre l’industria accoglie il 5,8% degli occupati. L’87% degli occupati dichiara di lavorare al Nord, l’1,4% al Centro, il 2,9% nel Mezzogiorno. Infine, l’8,7% lavora all’estero.

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