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Tav, rischio penali se non si fa? Venosi: «È un'enorme sciocchezza»

Uno dei massimi esperti di trasporto pubblico replica a quanto espresso da Gianfranco Simonetto, consigliere di Icm-Maltauro, uno dei gruppi che partecipa al consorzio incaricato del progetto ferroviario

Penali se non si realizzerà la tratta della Tav tra Verona, Vicenza e Padova? «Chi lo sostiene dice una enorme sciocchezza». Non usa mezze misure Erasmo Venosi. Già consulente scientifico della conferenza dei sindaci per il passaggio dell'alta velocità nel Vicentino, Venosi è uno dei massimi esperti di trasporto pubblico del Paese. La sua rispostaccia arriva a poche ore di distanza dalla presa di posizione di Gianfranco Simonetto, consigliere di Icm-Maltauro, uno dei gruppi che partecipa al consorzio Cepav Due, il consorzio incaricato del mega progetto ferroviario. Una presa di posizione in cui si paventavano azioni legali qualora il governo, che sta valutando la congruità del progetto attraverso una valutazione costi-benefici, dica no all’opera invocata a gran voce da Confindustria.

La scintilla che ha acceso le polveri sta nell’ultimatum che idealmente Simonetto ha lanciato dalle colonne del Corveneto il quale ha dedicato alla vicenda un lungo approfondimento in prima e in seconda pagina: «Se scatteranno le penali sarà responsabilità di Rfi e ministero. Qui siamo già in sofferenza perché, di fatto, non possiamo avanzare. Certo, resistiamo nella speranza si dia il via libera. Così non fosse, si va da- vanti a un giudice... Noi il contratto l’abbiamo firmato e abbiamo anche riscosso l’anticipo del 10%, 160 milioni di euro, vorrei capire chi si assumerà la responsabilità di disconoscere il contratto». Lo stesso Corriere aveva parlato, senza fornire però riscontri puntuali, di penali che potrebbero raggiungere gli 800 milioni a fronte di un progetto che vale 1,6 miliardi di euro.

La replica di Venosi però non si è fatta attendere: «Sostenere che se il progetto non passa si pagheranno penali non sta né in cielo né in terra. Come non sta né in cielo né in terra che chicchessia paventi richieste risarcitorie che sfiorano il miliardo. Il motivo? È la norma ad imporre una valutazione costi benefici». Appresso il consulente cita espressamente la disciplina che impone la valutazione costi benefici o project review se si vuole usare un termine anglosassone: «Si tratta del decreto legge 228 del 2011, del decreto del presidente del consiglio dei ministri del 3 agosto 2012, nonché del decreto del ministero dei trasporti 194 del 9 giugno 2015. Perciò se anche il suo consorzio, per assurdo, decidesse di andare davanti ad un giudice rimarrebbe a bocca asciutta». Detto alla grezza «nessun ristoro è dovuto poiché così dice la legge».
Ma la tirata d’orecchi non finisce. «Se poi il dottor Simonetto è a conoscenza di non so quali norme che sostanzino il suo balzano convincimento lo sfido ad un incontro pubblico. Vediamo carte alla mano chi ha ragione». Poi un’altra stoccata: «Da più parti è emerso che la redditività dell’alta capacità lungo l’asse Verona, Vicenza, Padova è di segno negativo ovvero di meno due miliardi. E quindi di che cosa diamine stiamo parlando? Mi stupisce che certa stampa non verifichi quanto viene propinato o per ignoranza o per mala fede da chi sostiene la Tav o Tac che dir si voglia».

Peraltro le revoche delle concessioni in tema di alta capacità ferroviaria non sono una novità. Basti pensare in tal senso quanto disposto dall’articolo 12 Decreto-legge numero 7 del 31 gennaio 2007: «Al fine di consentire che la realizzazione del sistema alta velocità avvenga tramite affidamenti e modalità competitivi conformi alla normativa vigente a livello nazionale e comunitario, nonché in tempi e con limiti di spesa compatibili con le priorità ed i programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie... sono revocate le concessioni rilasciate alla Tav spa dall'Ente Ferrovie dello Stato spa... ed è altresì revocata l'autorizzazione rilasciata al Concessionario della Rete Ferroviaria Italiana spa nella parte in cui consente di proseguire nel rapporto convenzionale... relativo alla progettazione e costruzione... della tratta Milano-Verona e della sub-tratta Verona-Padova». In pratica l’esatto contrario di quanto afferma Simonetto.
Sul fronte delle revoche tra l’altro non si può non ricordare quanto accadde nella legge finanziaria del 2001 quando vennero rescissi i rapporti contrattuali con i contraenti generali, ovvero i soggetti incaricati di realizzare i lavori per la Tav-Tac, lungo la Genova Milano, lungo la Milano Verona e lungo la Verona Padova: revoche che interessarono principalmente la parte veneta dell’alta capacità ferroviaria.

La questione peraltro assume anche una particolare veste politica. A che titolo parla Simonetto? Parla per conto della Maltauro (nella cui storia le grane con la giustizia non sono mai mancate peraltro) o come rappresentante del consorzio Cepav due? Ma se lo fa a nome del consorzio siamo sicuri che i soci dello stesso consorzio la pensino così? Cepav due infatti è costituito da società private solo per una piccola parte: Imc-Maltauro che ha sì e no il 12%. La Pizzarotti di Parma che possiede il 24%. Mentre col 52% c’è Saipem, ovvero il colosso delle costruzioni partecipato da Cassa depositi e prestiti ed Eni che rispondono allo Stato e quindi al governo. L’azionista di maggioranza quindi la pensa come Simonetto o l’uscita del noto commercialista vicentino è esclusivamente la voce di un socio di minoranza? Il ministro dei trasporti, ovvero Danilo Toninelli del M5S come commenterà l’uscita di Simonetto? Che commenti farà il ministro dell’economia Giovanni Tria il cui dicastero sovrintende alla vita dei principali azionisti del consorzio Cepav due? Che cosa dirà il vicepremier del M5S Luigi Di Maio che sul no alla Tav ha costruito un pezzo della sua ascesa politica? E non si tratta di questioni di lana caprina visto che sino ad oggi né dal governo né da qualche parlamentare della maggioranza, specie da parte del M5S, che da anni si dice contrario all’opera, si è levata una voce a favore o in dissenso rispetto alla intemerata del consigliere delegato di Icm-Maltauro. E sempre sul versante politico c’è una particolarità che emerge dalle parti della Icm- Maltauro nel cui galassia non c’è solo Simonetto ad avere o ad avere avuto un posto al sole, ma c’è pure il veronese Paolo Simioni. La particolarità di questo top manager legatissimo a Simonetto è che è proprio Simioni è stato chiamato dal Comune di Roma come «superpresidente» con l’obiettivo di risanare una disastrata Atac, ovvero la società del trasporto pubblico locale. La questione di fondo è che Simioni più volte è stato al centro della polemica anche per la vicinanza al detestato (almeno dalla base del M5S) mondo dei concessionari autostradali, additati in passato anche dai vertici dello stesso M5S come una sorta di sanguisuga che perpetua il proprio benessere ai danni dei contrubuenti e degli utenti autostradali del Belpaese.

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