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Un successo la Giornata Mondiale del Rifugiato al Forte Sofia: "Un percorso nuovo"

"La politica dell’accoglienza certamente è da rivedere, come gli accordi di Dublino o quello con la Turchia. Ma davanti ad un uomo, donna o bambino in difficoltà, - ha spiegato Giulio Saturni presidente di One Bridge To Idomeni - chi non gli tende la mano, è un vigliacco"

Grande partecipazione di pubblico per la Giornata Mondiale del Rifugiato, svoltasi mercoledì 20 giugno a Verona presso il Forte Santa Sofia. Oltre 600 i partecipanti di questa edizione che per il terzo anno consecutivo ha visto One Bridge To Idomeni (OBTI) come organizzazione capofila. I qualificati relatori, dai professori Gianluca Solla e Fabrice Dubosc, a Eliana e Dagmawi di "Per cambiare l'ordine delle cose" Forum di Verona, Deepika Salhan, Stefano Catone, Pietro Tobia Forlati e Sergio del Zotti di Metis Africa, Giuliana Sanò, Matteo Danese di Cestim Verona, sono stati chiamati a mettere a fuoco il tema della giornata: "La coesione sociale. Cosa comporta incontrare il migrante ed accoglierlo in città".

In anteprima nazionale è stato proiettato il documentario Violent Borders di Michele Ajello, realizzato in collaborazione con ZaLab e One Bridge To Idomeni, con il patrocinio di Amnesty International - Italia e Melting Pot Europa e Cafébabel, mentre gli studenti del Liceo Montanari hanno presentato la mostra "No borders - No nations - just people". La giornata si è conclusa a sera inoltrata con la  musica dei ragazzi di Stregoni Network, di dj Leo, dj Moce e con un’esibizione dell'artista Cibo.

Il presidente di OBTI, Giulio Saturni ha spiegato che «il luogo scelto per questa giornata non è banale, siamo infatti dentro il muro costruito per difendere la città. In origine il muro era simbolo di conflitto, di zona militare, stigmatizzato sempre dai paesi cosiddetti democratici. Dagli anni Novanta il muro è invece diventato simbolo di sicurezza e protezione, desiderato dagli stessi cittadini spaventati dalle minacce esterne e sfruttato dai politici. Non è un caso se dalla caduta di quello di Berlino, il numero di muri nel mondo si è quadruplicato (Dati: IOM, France Culture, Atlante Treccani, WB, Elisabeth Vallet). A quell’evento grandioso dell’89 che tante speranze aveva alimentato in noi con la promessa che mai più sarebbero stati costruiti muri per dividere i popoli, è succeduta proprio la politica dei muri, delle paure e delle guerre preventive. E lungo questi nuovi muri i diritti umani non esistono, - ha poi aggiunto ancora Saturni - donne, uomini e bambini subiscono violenze inaudite. E si muore. Tra 2015 e 2016 sono morte più di 10.000 persone provando a passare un confine, senza contare il Mediterraneo dove, solo nel 2016 sono morte più di 5.000 persone. Un vero e proprio atto di guerra contro milioni di persone che scappano da guerre e povertà».

In merito il Rapporto Onu ci ricorda che nel 2017 abbiamo raggiunto il record di 68,5 milioni di profughi nel mondo: una persona ogni 110 è costretta alla fuga dal proprio Paese. Ben trecentomila sono i minori non accompagnati. Ma da dove provengono queste persone? «I tre principali paesi sono Siria, Afghanistan, Iraq. Paesi - rispondono i promotori della manifestazione al Forte Santa Sofia - dove noi abbiamo promosso guerre e saccheggiato risorse. Nessuno ne è escluso. In primis l’Italia che con questi paesi fa affari d’oro vendendo sempre più armi. Solo nel 2016 l’export italiano di armi è cresciuto dell’85%».

Il presidente di One Bridge To Idomeni Giulio Saturni ha ribadito inoltre che «ciò che sta succedendo è la diretta conseguenza del nostro agire, della nostra politica che ha considerato sempre l’Africa e il Medio Oriente terra di conquista e sfruttamento. "Chi pianta semi di guerra raccoglie rifugiati" diceva uno striscione appeso sul muro d’Europa a Idomeni. È per questo che oggi avvertiamo una grande responsabilità. Vedendo quel che sta accadendo nel nostro Paese è necessario avviare una fase nuova, - ha spiegato ancora il presidente di OBTI - e quindi questa giornata assume un nuovo significato, non vuole essere un episodio ma vuole essere l’inizio di un nuovo percorso, ve lo proponiamo con molta umiltà, consapevoli che quello che stiamo facendo è semplicemente una goccia d’acqua, ma con la convinzione che insieme a voi possa diventare un fiume in piena».

«La politica dell’accoglienza certamente è da rivedere, come gli accordi di Dublino o quello con la Turchia. Ma davanti ad un uomo, donna o bambino in difficoltà, - ha aggiunto Giulio Saturni presidente di One Bridge To Idomeni - chi non gli tende la mano, è semplicemente un vigliacco. In questo clima così ostile OBTI tenta, con le sue misere forze, di fare qualcosa, cercando di restituire quell’umanità perduta ad un dibattito fatto di urla e propaganda becera e meschina. Tutte le donne e gli uomini di questo mondo devono poter godere degli stessi diritti, dalla scuola, alla casa al lavoro, perché senza diritti non c’è futuro. Chi pensa di fare censimenti etnici o dare la caccia ai migranti come fossero carne da macello,- ha quindi concluso Saturni - troverà persone che abbracciarono i migranti e tra questi ci saremo anche noi!».

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