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Medici di medicina generale, carenti in 164 zone della provincia di Verona

I comuni scaligeri privi di un ambulatorio principale sono 11 e le medicine di gruppo non coinvolgono neanche metà dei medici di base veronesi, secondo un rapporto realizzato da Fondazione Zanotto

In provincia di Verona sono 164 le zone carenti di medici di famiglia e sono 11 i comuni scaligeri privi di un ambulatorio principale. A rivelarlo è un rapporto sui medici di medicina generale realizzato da Fondazione Zanotto su iniziativa dell’Osservatorio sulle disuguaglianze di Verona e in collaborazione con Fimmg e Cooperativa Salute e Territorio. Un rapporto rilanciato dal sindacato veronese dei pensionati Spi Cgil, il quale trova nello studio di Fondazione Zanotto conferme a quanto finora denunciato. «La mancata programmazione dei servizi sul territorio, la preoccupante carenza di personale, la sostanziale assenza di organizzazione sono vulnerabilità irrisolte che impediscono al sistema delle cure primarie di rispondere con efficacia ai bisogni dei cittadini, in particolare degli anziani», ha fatto sapere Spi Cgil Verona.

Nel rapporto si evidenzia che a maggio 2022 le zone carenti di medici di medicina generale nel Veronese erano 164 e 11 sono i comuni veronesi senza un ambulatorio principale. Un problema che va a braccetto con il sovraccarico di lavoro nelle zone limitrofe. «La carenza di medici, accentuata dal mancato ricambio di chi va in pensione, crea in molti comuni del Veronese situazioni in cui il bacino di utenza per ogni medico di base è di duemila, tremila, quattromila o anche anche di seimila cittadini con più di 15 anni - ha commentato il sindacato veronese dei pensionati Cgil - Tenendo conto che il rapporto ottimale medico-assistiti viene indicato in mille assistiti per medico, mentre la media veronese è già di circa un medico ogni 1.500 abitanti, si capisce bene che in queste condizioni il sistema non può essere in grado di assicurare un servizio di cure primarie adeguato».
Per contrastare la mancanza di medici di base, Azienda Zero ha reclutato nuovi professionisti tramite un bando. Ma la gara ha permesso di raccogliere la disponibilità di appena 36 dottori. Numero non sufficiente per coprire tutte le zone carenti del Veronese.

L’altra criticità confermata dalla ricerca riguarda l'arretratezza nello sviluppo di forme associative tra medici di medicina generale. Il 28% dei medici di base veronesi lavora ancora singolarmente oppure è parte di una rete non in grado di assicurare l’approccio multidimensionale di cui ha bisogno la medicina territoriale moderna. Le medicine di gruppo, che presuppongono la condivisione completa nella gestione dei pazienti, coinvolgono ancora soltanto il 45% dei medici di base veronesi. Le medicine di gruppo integrate, che rappresentano la forma più avanzata di medicina di gruppo, coinvolgono soltanto il 15,6% dei medici e sono tutte concentrate nella Bassa Veronese. «A fare le spese di questa situazione è soprattutto la popolazione più anziana perché, come giustamente sottolineano i ricercatori, la medicina che va ad intercettare le cronicità prima che si sviluppino o che si aggravino, è possibile soltanto nell’ambito delle medicine di gruppo», hanno spiegato dallo Spi Cgil Verona.

«Non è un caso che la programmazione regionale delle nuove Case della Comunità riproduca già in partenza le carenze e gli squilibri territoriali pre-esistenti, lasciando scoperti interi quartieri e paesi (in particolare a Verona Sud e i quartieri Golosine e Santa Lucia) e restando ben lontana dall’obiettivo del Pnrr di una struttura "hub" ogni 50 mila abitanti - ha concluso il sindacato - In secondo luogo, la debolezza e l’arretratezza del sistema veronese è drammatica perché i medici di base sono chiamati dal Pnrr ad essere parte integrante del nuovo sistema della Case di Comunità. Le medicine di gruppo avrebbero il ruolo di Case di Comunità "spoke", collegate funzionalmente alla Casa di Comunità "hub", mentre i singoli medici dovrebbero prestare almeno sei ore settimanali di servizio nelle Case di Comunità. In queste condizioni nemmeno il più volenteroso e preparato dei medici è in grado di assolvere al ruolo che il Pnrr assegna loro. La crisi della medicina generale è culturale ed organizzativa in quanto la politica sanitaria aziendale non ha mai integrato i medici di base all'interno della rete dei servizi. Occorre fare squadra perché i punti del Pnrr riguardanti le Case di Comunità, gli Ospedali di Comunità, la telemedicina, il Fascicolo Sanitario Elettronico non rimangano idee sulla carta. L'Ulss 9 Scaligera è chiamata a fornire supporto amministrativo e infermieristico ai medici. La Regione è chiamata ad incentivare le associazioni tra medici. Le parti sociali devono essere coinvolte nella "messa a terra" della riforma. E anche i sindaci del territorio sono chiamati a fare la propria parte, ad esempio mettendo a disposizione spazi e strutture per gli ambulatori nelle zone carenti».

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