Processo Pfas, legale parti civili: «Barriera antinquinamento di Miteni non ha mai funzionato»
Due funzionari di Arpav sono stati sentiti durante l'ultima udienza del procedimento che vede 15 manager accusati a vario titolo di avvelenamento acque, disastro ambientale innominato e altri reati
Sono state ancora una volta le analisi di Arpav e la ricerca di sostanze perfluoro alchiliche (Pfas) nelle acque gli argomenti al centro dell'udienza di oggi, 17 febbraio, del processo Pfas. Un processo che si tiene alla Corte d'Assise di Vicenza e che vede imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
Sul banco dei testimoni sono stati sentiti da procura, difesa e parti civili due funzionari dell'agenzia regionale per l'ambiente che hanno spiegato il tipo di analisi fatte sui fiumi veneti dopo aver ricevuto l'avviso da parte della Regione della presenza di sostanze pericolose nelle acque di falda. L'avvocato Marco Tonellotto, che insieme agli avvocati Angelo Merlin, Vittore d’Acquarone e Giulia Bertaiola rappresenta le società idriche parti civili Acque del Chiampo, Viacqua, Acque Veronesi e Acquevenete, ha evidenziato come Mitsubishi non abbia mai messo in atto, nel corso degli anni, manovre efficaci per arginare o frenare l’inquinamento. «La barriera posta da Miteni per contenere gli inquinanti non ha mai davvero funzionato», ha affermato il legale.
Nella prossima udienza, in programma il 24 febbraio, verrà sentito Alessandro Bizzotto, funzionario Arpav responsabile dei controlli.