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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Pfas, Commissione Ecomafie: «Lo Stato imponga limiti nazionali»

Approvata la relazione sulla diffusione delle sostanze perfluoralchiliche che rileva un sostanziale inefficacia della barriera idraulica contro la contaminazione diffusa dall'ex Miteni di Trissino

Mercoledì scorso, 19 gennaio, la commissione parlamentare d'inchiesta sugl ecoreati ha approvato la Relazione sulla diffusione delle sostanze perfluoralchiliche (Pfas). «Un lavoro d'inchiesta molto atteso dai territori che sono stati investiti da questo grave problema», ha commentato il presidente della commissione bicamerale, il parlamentare del Movimento 5 Stelle Stefano Vignaroli. E tra questi territori c'è il Veneto, dove tanti cittadini tra le province di Verona, Vicenza e Padova hanno bevuto per anni acqua contaminata da Pfas.

«La vicenda veneta desta grave preoccupazione, ma il problema è nazionale e interessa tutti», ha spiegato Vignaroli. Il lavoro della commissione, infatti, ha fatto emergere la necessità di porre dei limiti alla presenza di Pfas. Limiti che valgano per tutto il territorio italiano e che quindi devono essere stabiliti dallo Stato. «Come precisa la relazione - ha aggiunto Vignaroli - vi è l'esigenza di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale in materia. In tal senso, sono sicuramente da considerare i limiti suggeriti dall'Istutito Superiore di Sanità e Ispra. Si tratta di un intervento indispensabile per la tutela dell'ambiente e non più derogabile. Auspichiamo dunque che il ministro Cingolani ponga la questione Pfas al centro della sua agenda politica».

«Leggendo il verbale della commissione, finalmente, si mette in evidenza non solo che il Veneto non è l'unica regione ad essere stata colpita dalle sostanze perfluroalchiliche, ma che è stata l'unica ad essersi mossa per prima per arginare il problema», così l'assessore all'ambiente della Regione Veneto Gianpaolo Bottacin ha commentato la relazione approvata dalla commissione. Anche Bottacin ha ribadito l'urgenza di un intervento nazionale per porre un limite alla presenza di Pfas. «Auspico che lo Stato agisca al più presto - ha dichiarato l'assessore regionale -in modo tale da prevenire ed evitare altre tragedie ambientali e sanitarie con cui il Veneto, per primo, ha fatto i conti senza perdere tempo e agendo con azioni forti».
Ed anche la consigliera regionale di Europa Verde Cristina Guarda ha espresso il suo appello affinché le richieste della commissione ecomafie siano ascoltate. E dalla Regione Veneto, la consigliera Guarda si attende «uno screening esteso a tutti i cittadini coinvolti dall'inquinamento causato dalla Miteni, sulla quale è in corso un maxi-processo».

E alcuni dettagli poco rassicuranti sulla commissione sono trapelati. A rivelarli è stata l'agenzia Dire, che ha posto l'attenzione sull'attuale barriera idraulica che dovrebbe fermare la contaminazione da Pfas diffusa dall'ex Miteni di Trissino e che non sarebbe efficace. Inoltre, il progetto di bonifica dei terreni dell'area occupata dallo stabilimento non sarebbe al momento adeguato.
Per quanto riguarda la barriera idraulica, riferisce Dire, la relazione rileva che secondo l'ultimo rapporto di Ici 3 Holding, socio unico della Miteni che si è assunto l'onere di gestire barriera e bonifiche, «dal 2013 a giugno 2020 sono stati estratti circa 5.800.000 metri cubi di acqua per un totale di 17,7 chili di solventi clorurati, 1.244 chili di derivati dei benzotrifluoruri e 183 chili di composti perfluoroalchilici». Ciononostante il piezometro Mw18, che monitora l'acqua dopo la barriera idraulica a sud dello stabilimento rileva ancora «elevatissime concentrazioni, fino a 11.000 nanogrammi per litro per il Pfoa, 3.000 nanogrammi per litro per il Pfos, 19.000 nanogrammi per litro per la somma dei Pfas, 5.000 nanogrammi per litro per il GenX e 5.000 nanogrammi per litro per il C6O4, tra le date del 28 ottobre 2020 e il 3 marzo 2021, con picchi in data 12 gennaio 2021». E questo «è la prova che la barriera non tiene ancora in modo efficace, posto che non sono state ancora superate le difficoltà della falda sottostante» l'area dello stabilimento.
E sulle bonifiche dei terreni, conclude l'agenzia Dire, al momento Ici 3 prevede di procedere con due progetti pilota. Il primo prevede la bonifica tramite ossidazione chimica, mentre il secondo tramite desorbimento termico. Si tratta però di metodologie strettamente sperimentali e il progetto non è di bonifica vera e propria ma di messa in sicurezza. Per questo è stato ritenuto non adeguato».

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