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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Bimbo tolto alla famiglia affidataria, la replica dell'ordine degli assistenti sociali

La presidente Milena Zambello contesta alcune affermazioni del consigliere regionale Valdegamberi che ha sollevato il caso del piccolo Marco

Tutta Verona si è schierata con Marco, il bimbo di tre anni che il giorno di Santa Lucia è stato tolto dalla famiglia affidataria e accolto in una comunità in attesa di adozione. Il caso è stato sollevato dal consigliere regionale veronese Stefano Valdegamberi, ma ormai tutta l'amministrazione veronese e anche il ministro della famiglia Lorenzo Fontana stanno seguendo questa vicenda per trovare la soluzione migliore per il bambino.

Il papà di Marco non lo ha riconosciuto e la mamma ha gravi problemi di salute e dal 2016 le è stata tolta la responsabilità genitoriale. I nonni materni hanno fatto richiesta di prenderlo in affidamento e nel frattempo il piccolo era stato affidato ad una famiglia affidataria. Qualche giorno fa, il trasferimento in una comunità, dopo la decisione del tribunale che ha resto Marco adottabile.
I nonni materni ora sono pronti a tutto pur di poter crescere il loro nipote, che purtroppo potrebbe passare queste feste natalizie lontano da una vera famiglia. E con i nonni di Marco c'è tutto il Comune di Verona.

Intanto, però, c'è da registrare anche la replica di Mirella Zambello, presidente dell'ordine degli assistenti sociali del Veneto, al consigliere regionale Valdegamberi. Il consigliere veronese aveva parlato di «bimbo strappato dalla famiglia e mandato in un istituto per l'adozione per un errata valutazione di un assistente sociale».

Si tratta di affermazioni discutibili, riportate senza contraddittorio - replica Zambello - Al di là di ogni valutazione sul caso di specie, che ci tocca e ci commuove, è utile ribadire che gli assistenti sociali hanno certamente il compito di fornire al tribunale le informazioni richieste e di fare valutazioni e proposte, il più delle volte condivise da un equipe multi-professionale, ma è compito del tribunale analizzare le informazioni ricevute e prendere decisioni in una camera di consiglio composta da quattro giudici. Le decisioni possono corrispondere ai pareri forniti dai professionisti o meno: in questo come in altri casi, è doveroso il rispetto della libera determinazione della decisione da parte della magistratura, senza però trarre conclusioni affrettate su quale sia stata il contenuto del parere fornito dai servizi sociali. E sicuramente non è accettabile, anzi è offensivo e lesivo della professione, sostenere che gli assistenti sociali valutino "sulla base del libero arbitrio degli umori". Non è possibile che si spari sempre a zero nei confronti di una professione delicata come quella degli assistenti sociali, quotidianamente impegnati con competenza e dedizione a sostegno delle situazioni di vulnerabilità.

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