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Carenza di specialisti, medici e infermieri dei pronto soccorso in piazza

La manifestazione nazionale organizzata da Simeu (Società italiana medicina emergenza-urgenza) è stata ascoltata dalla consigliera regionale PD Anna Maria Bigon: «Non possiamo rassegnarci all'emergenza del personale sanitario»

In piedi, di fronte ai loro camici bianchi piegati a terra, in silenzio e con in sottofondo il suono della sirena di un'ambulanza. Ieri, 17 novembre, i medici di emergenza-urgenza hanno manifestato così, in Piazza Santi Apostoli a Roma. Una manifestazione nazionale organizzata da Simeu (Società italiana medicina emergenza-urgenza) e a cui hanno partecipato anche i primari dei pronto soccorso di Verona e provincia.

In piazza, sono state denunciate tutte le carenze di una categoria stremata da pandemia e carenze strutturali. Carenze che poi sono quelle di professionisti. Mancano medici e anestesisti non solo negli ospedali ma anche nei corsi di specializzazione. E la conseguenza diretta è che il carico di lavoro si accumula sulle spalle di chi nel pronto soccorso ci lavora senza la possibilità di godere del necessario recupero psico-fisico, senza la possibilità di formarsi e senza le tutele che andrebbero riconosciute.

E all'indomani della manifestazione di Roma dei medici e degli infermieri dei pronto soccorso, la consigliera regionale del Partito Democratico Anna Maria Bigon ha raccolto l'appello della piazza, chiedendo un tavolo immediato con i sindacati di categoria per trovare soluzioni a breve termine e programmare il futuro. «Non possiamo rassegnarci all'emergenza del personale sanitario - ha detto Bigon - Nell'Ulss 9 Scaligera, l'ultimo concorso per 24 posti è andato deserto, non è arrivata neanche una candidatura e per la specializzazione il quadro non è migliore: 32 non assegnate a Verona e 31 a Padova. Dobbiamo chiederci come mai. Ma è un tema che non riguarda solo i pronto soccorso. Non passa giorno senza che da qualche struttura arrivi un allarme per la carenza di specialisti, dagli anestesisti ai pediatri. A cui va aggiunta la penuria dei medici di medicina generale: sono oltre 120 quelli che mancano in provincia di Verona. Dobbiamo trovare il modo di mettere in sicurezza il personale dipendente che già abbiamo e rendere nuovamente attrattiva la sanità pubblica veneta. Dal punto di vista economico, visto che gli stipendi sono più bassi della media nazionale, e di avanzamento professionale. Questo lo si fa applicando le schede regionali del 2019, finora eseguite con grande coerenza soprattutto quando c’è stato da tagliare. È invece fondamentale potenziare gli ospedali "spoke": se continuiamo a spogliarli di funzioni e strumenti, è evidente che i neo medici preferiranno andare nelle aziende ospedaliere, in strutture private o fuori regione. I fondi del Pnrr riservati alla sanità dovranno essere impiegati anche su questo fronte».

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