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Scuole chiuse, Anderloni: «I bambini hanno rispettato le regole, noi adulti abbiamo fallito»

«Noi adulti non siamo nemmeno riusciti a garantire ai bambini e alle bambine il diritto di andare a scuola», scrive con rammarico in una lettera aperta-racconto Alessandro Anderloni

«Noi adulti non siamo nemmeno riusciti a garantire ai bambini e alle bambine il diritto di andare a scuola. Abbiamo fallito. Almeno vergogniamocene». Partiamo dalla fine. Sono queste infatti le ultime parole contenute in una "lettera aperta" che costituisce una tra le più significative delle numerose voci che in queste ore vanno levandosi contro la chiusura, ancora una volta, delle scuole «di ogni ordine e grado». Il regista Alessandro Anderloni, ma anche attore, direttore artistico del Film Festival della Lessinia, e pure insegnante che, con particolare attenzione e dedizione alla cultura dantesca, negli ultimi anni ha dato un prezioso contributo alla didattica veronese (dalla città alla provincia), ha infatti affidato ai social nelle scorse ore un messaggio chiaro e netto: chiudere le scuole oggi, dopo oltre un anno dall'inizio della pandemia, è un fallimento tutto degli adulti, non dei giovani.  

Alessandro Anderloni-3

Alessandro Anderloni

Oggi è domenica 14 marzo 2021, da lunedì scatterà la zona rossa in molte Regioni italiane, tra le quali il Veneto, e con essa la conseguente chiusura di tutte le istituzioni scolastiche, salvo che per «alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali». Lunghe riflessioni andrebbero fatte proprio su questa specifica "concessione" che rischia in realtà di rivelarsi oltremodo "ghettizzante" (immaginatevi da soli senza compagni in un istituto scolastico deserto!), ma soprassediamo per il momento e ci limitiamo a porre una questione. Nel Dpcm del 14 gennaio si leggeva per la zona rossa: «Fermo  restando lo svolgimento in presenza della scuola dell'infanzia, della scuola primaria, dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2 del decreto legislativo 13 aprile  2017, n. 65 e del primo anno di frequenza della scuola secondaria di  primo grado, le attività scolastiche e didattiche si svolgono esclusivamente con modalità a distanza».

Ora nel Dpcm vigente del 2 marzo 2021 a firma Mario Draghi, per la zona rossa, è previsto invece che «sono sospese le attività dei servizi educativi dell'infanzia» e, inoltre, che «le attività scolastiche e didattiche delle scuole di ogni ordine e grado si svolgono esclusivamente con modalità a distanza». Cosa ha determinato questo drammatico cambiamento di linea da parte del governo? Qualcuno si è forse degnato di spiegare, attraverso dati e numeri coerenti, a quelle generazioni di giovani alle quali, da oltre un anno, sta venendo sottratta a singhiozzo l'istruzione, il perché di questo radicale cambio di passo? È sufficiente parlare in termini generali di onda della pandemia che ritorna, di varianti del virus che si diffondono più rapidamente, per richiudere tutte le scuole ancora una volta dopo un anno dall'inizio della crisi sanitaria? Non sarebbe forse il caso, perolomeno, di scusarsi con loro, con tutti questi alunni dalla gioventù rubata? Per farlo, come suggerisce Anderloni, bisognerebbe però anzitutto vergognarsi almeno un po'.

La lettera-racconto di Alessandro Anderloni

Il bambino chiese alla mamma: «Perché non posso andare a scuola?». La mamma allora gli spiegò che il Covid, che i contagi, che le terapie intensive, che la regole… Rispose il bambino: «Io le regole le ho rispettate». Da mesi partiva da casa, dopo che la mamma gli aveva misurato la febbre, con la sua mascherina. Arrivato in classe, dopo essersi igienizzato le mani come tutti i suoi compagni e compagne, indossava la mascherina indicata dai protocolli ministeriali e non se la toglieva fino all’uscita da scuola, se non per mangiare la sua merenda seduto al suo banco. Le ore, sui banchi distanziati, erano scandite da gioiose aperture delle finestre per cambiare completamente l’aria della stanza. A ricreazione, scendendo classe per classe da scale diverse per non incontrare gli altri, aveva giocato nell’angolo di cortile riservato, senza avvicinarsi a nessun altro se non ai suoi compagni e compagne. Niente educazione fisica, niente canto, niente teatro, eppure le insegnanti e il personale scolastico, anche loro senza mai togliere la mascherina, avevano imparato a fare lezione e a far funzionare la scuola rispettando tutte le regole.

«Io le regole le ho rispettate», ripeté il bambino alla mamma. Poi si sedette al tavolo della cucina con davanti uno schermo del computer, mentre la mamma, dall’altra parte del tavolo, cercava di lavorare a distanza, scrivendo sul piccolo schermo di un telefono. Quando i bambini e le bambine della sua classe si videro, piccoli quadratini sullo schermo, non ci furono le grida che ogni mattina rimbombavano nei corridoi della scuola ma un lungo silenzio e sulle loro facce si dipinse un non so che di mesto. Allora l’insegnante propose di fare ognuno un cartello, di fotografarsi e poi lei avrebbe fatto un fotomontaggio.

Molti anni dopo, diventato adulto, il bambino raccontò e mostrò quella fotografia ai suoi figli che gli chiesero: «Ma possibile, papà, che nel 2021 non siate riusciti a tenere aperte le scuole. Almeno le scuole!». «Eh…», rispose lui. «Bisognerebbe chiederlo a quelli che avevano fatto le regole e a quelli che le avrebbero dovute rispettare. Io non so dirti se quelle regole servissero davvero e se fosse giusto rispettarle, ma noi bambini le avevamo rispettate.

(Non so chi abbia realizzato questa immagine che ho trovato questa mattina sul web e che ho condiviso. Negli occhi di quei bambini e bambine non vedo brillare quella luce che in questi mesi ho visto, seppur affievolita eppure ancora accesa, nei volti dentro a tante scuole dove, grazie a persone splendide, si è continuato a costruire il futuro. Ecco. Noi adulti non siamo nemmeno riusciti a garantire ai bambini e alle bambine il diritto di andare a scuola. Abbiamo fallito. Almeno vergogniamocene)».   

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