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«Aumento iscritti a istruzione parentale non è un "fenomeno preoccupante"»

Laif (L'Associazione Istruzione Famigliare) ha scritto al sindaco di Verona replicando al suo commento sulla crescita dei numeri di bimbi e ragazzi che rispettano l'obbligo all'istruzione in famiglia

«Siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante e che non va sottovalutato». Così il sindaco di Verona Federico Sboarina ha commentato il vistoso aumento di bambini e ragazzi veronesi iscritti all'istruzione parentale. Un giudizio che non ha lasciato indifferente la Laif (L'Associazione Istruzione Famigliare) che ha replicato al primo cittadino con una lunga lettera. Un messaggio fatto recapitare anche alll'assessore all'istruzione del Comune di Verona Maria Daniela Maellare e alla dirigente scolastica Nicoletta Morbioli, le quali erano intervenute insieme al sindaco nella valutazione del fenomeno.

Il presidente di Laif Sergio Leali e la referente Annalisa Vincenzi si sono concentrati soprattutto su quel «preoccupante» usato da Sboarina. «L'istituto dell'istruzione parentale è legalmente previsto - scrivono - Nella grande maggioranza dei casi, la scelta della scolarizzazione per l’assolvimento del dovere di istruzione è quella preferita dai genitori, tanto da aver posto in essere un equivoco, con il quale spesso ci confrontiamo: si ritiene che sia la scuola ad essere obbligatoria quando invece lo è l’istruzione. Il notevole numero di dichiarazioni di istruzione parentale sono state presentate come un "fenomeno preoccupante". Ma in questo caso, non può essere un approccio corretto quello di analizzare senza pregiudizi le circostanze che inducono le famiglie ad allontanarsi dalla scuola, alla quale avevano affidato i loro figli ed alla quale la società ha attribuito il compito di aiutarli a crescere come cittadini, consapevoli, sani, solidali e liberi? Non è che questi presupposti sono venuti meno? Non è che alcune decisioni presentano un grado di persuasione insufficiente? Non è che le stesse sono imposte in un clima di conflitto sociale, dove l’inclusività e tante preziose altre enunciazioni spesso sono luci che sempre più si affievoliscono? L'istruzione parentale viene raccontata come un "fenomeno preoccupante" anche perché viene calata nella fatua polemica di questa sfortunatissima attualità. Tutto questo è assurdo e non è bene per nessuno, nemmeno per le istituzioni. L'istruzione parentale, nasce molto prima della pandemia, i problemi della scuola, delle famiglie, del sistema dell’istruzione e delle educazioni erano già acuti prima del 2019. Inquadrare l’homeschooling come la preoccupazione in sé, ammantarlo delle pelli del capro espiatorio, allontana di molto la risoluzione dei problemi del sistema. È possibile che questa percezione, il "fenomeno preoccupante", possa essere frutto di un equivoco? Nel momento in cui si parla di genitori che ritirano i loro figli da scuola per procedere con l’istruzione parentale, non si sta parlando di criticità come può essere, ad esempio, l’abbandono scolastico. Si sta parlando di genitori che, messi di fronte ad un innegabile disagio percepito dai loro figli, a prescindere da quale sia la causa che lo genera, lo accolgono, ne prendono atto e si impegnano per risolverlo. Come può, l’azione amorosa, progettuale, attiva ed efficace di un genitore essere definita "preoccupante"? Si sta parlando di genitori che fanno i genitori, che si occupano e preoccupano della prole. Nessuno però vuole peccare di ingenuità. Si è consapevoli che in molti casi i genitori possono aver agito spinti da ciò che hanno percepito come necessità impellente, rischiando di prendere una frettolosa decisione. Ogni giorno i referenti Laif si confrontano con la necessità di informare debitamente e rinforzare le basi di una scelta che deve, trattandosi del benessere di bambini e ragazzi, essere consapevole e maturata su valide premesse».

Leali e Vincenzi, ascoltando le parole del sindaco e del suo assessore, temono che la loro percezione dell'istruzione parentale sia parziale. «Pensare che, se il bambino viene seguito a casa, si alzi il rischio che "debba ripetere l'anno", è una deduzione arbitraria - hanno spiegato i due rappresentanti di Laif - Certamente, se si riconduce l’istruzione parentale alla semplice traslazione della scuola a casa, un pensiero del genere si può ingenerare, anche se è la medesima preoccupazione che emerge anche per il giovane frequentante, e non sempre mancano i motivi per giustificare tale preoccupazione. L’istruzione parentale ha, però, una pluralità di espressioni tali per cui un bambino, che può essere stato istruito a livelli altissimi non soddisfi i requisiti previsti per la promozione all’anno scolastico successivo, se la sua preparazione viene comparata al programma svolto in una determinata classe, in uno specifico istituto che ha dato una sua particolare declinazione delle linee generali per la formazione del curriculum. L'assessore Maellare, mostrando una conoscenza non comune delle normative rilevanti in merito all’istruzione parentale, sottolinea come i genitori debbano dichiarare di avere le capacità tecniche oppure economiche per procedere con l’istruzione parentale, ma che vi siano "indicazioni, ma non così precise" per poter procedere a vigilare. Ciò che viene valutata come carenza, in realtà, può essere l’espressione chiara della volontà del legislatore di non porre alcun parametro fisso. È infatti ovvio che nessuno può essere sicuro che l’aver acquisito una qualifica di un certo grado garantisca anche il possesso della capacità di ascolto, di comprensione dei bisogni, dell’abilità di trasferire conoscenze a qualcun altro. E vale lo stesso per il livello economico. È assolutamente necessario che il ruolo di vigilanza venga svolto con atteggiamento aperto e disponibile ad accogliere realtà di apprendimento che possono esprimersi in modalità culturalmente, disciplinarmente e legalmente tutt’altro che sovrapponibili a quelle realizzate all’interno delle classi scolastiche».

«Il mondo dell’istruzione parentale - concludono Vincenzi e Leali - è seriamente preoccupato dal fatto che nel rapporto tra istituzioni tende a prevalere l’autoreferenzialità anche in chi sta nella posizione del più forte, facendo venir meno quello spirito di sussidiarietà che la Costituzione pone in dovere di mettere in atto».

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