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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Rischio alluvioni a Verona, il nuovo piano non convince gli ingegneri: «Induce alla paralisi»

La sezione scaligera dell'Ordine critica il piano di gestione, sottolineando come potrebbe diventare impossibile progettare interventi di rigenerazione o completamento urbano, che dovrebbero evitare ulteriore consumo di suolo agricolo

Una porzione del territorio messa sotto scacco dalle nuove norme sul rischio idraulico, e procedimenti burocratici complessi e interminabili, che mettono a dura prova i tecnici.
Il nuovo Piano di gestione del rischio alluvioni, presentato di recente in Gran Guardia dall’Autorità di Bacino e dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, non convince l’Ordine degli Ingegneri di Verona, che già lo scorso dicembre aveva sollevato obiezioni circa un eccesso di ingiustificate restrizioni.
Il timore dell'ente è che nelle aree interessante, in particolare Borgo Venezia e Montorio, oltre a una miriade di Comuni della Pedemontana, diventi del tutto impossibile progettare proprio quegli interventi di rigenerazione urbana o completamento urbano previsti sia dalla Variante 23 che dalla nuova Variante 29 per riqualificare l’esistente evitando ulteriore consumo di suolo agricolo.

«Il Piano sottopone a nuovo vincolo brani importanti del territorio urbanizzato, che non sono mai stati oggetto di esondazioni e che nel futuro vedranno congelata se non annullata qualsiasi attività edilizia e urbanistica - commenta l’ingegnere Marco Giaracuni, coordinatore della Commissione Urbanistica dell’Ordine -. Restano molti dubbi e incertezze sull’iter per poter interagire con gli uffici, che risulta lungo e farraginoso. Non è chiaro come dovranno essere affrontati i nuovi vincoli, che rischiano di portare a una paralisi delle porzioni di territorio interessato. Oltretutto anche la modalità di individuazione delle aree lascia discutere. Il Piano si basa su cartografie datate, non più attuali. Alcune aree individuate come zone a rischio risultano altimetricamente più alte di altre zone confinanti assoggettate allo stesso rischio, mentre altre zone, come piazza del Porto a Parona o il Vaio di Novare e quello del Ghetto-Arbizzano-Parona, pur essendo state recentemente oggetto di fenomeni di esondazione, sono assenti. Urge quindi capire quali siano i criteri utilizzati dall’Autorità di Bacino delle Alpi orientali e come perfezionarli a beneficio dell’intero territorio della provincia».
Da Marzana in giù, fino a Quinto, Poiano, Santa Croce, e Borgo Venezia le nuove limitazioni si faranno sentire in maniera importante, coinvolgendo almeno una decina di comuni pedemontani dell’est veronese, oltre a una vasta area del comune di Verona. L’allarme lanciato dall’Ordine riguarda l’impossibilità di riqualificare l’esistente, non di progettare nuovo consumo di suolo.
Evidenzia il presidente dell’Ordine, Andrea Falsirollo: «Le nostre critiche non vanno ovviamente in contrasto con la sicurezza del territorio ma, nel suo rispetto, mirano a preservarne l’economia cercando di restringere e individuare le zone interessate nel modo più corretto possibile, tenendo conto degli avvenimenti e degli studi pregressi. Il rischio è di vedere svanire tutta la progettazione in itinere, che per la complessità delle procedure burocratiche non è ancora stata autorizzata, e il cui annullamento senza prospettive di soluzione potrebbe avere effetti nefasti sull’intera economia della città e sulla filiera delle costruzioni».

Sulle considerazioni dell'Ordine degli Ingegneri di Verona è intervenuto Michele Bertucco, della lista In Comune per Verona - Sinistra civica ecologista: «L’ordine degli ingegneri di Verona, trainato dal leghista Giaracuni, ha paventato conseguenze economiche disastrose nell’attuazione del piano di tutela del territorio predisposto dall’Autorità di bacino distrettuale Alpi Orientali il quale andrebbe ad interferire con alcune progettualità previste dalla Variante 23 e 29 approvate dalle ultime due amministrazioni comunali, Tosi 2 e Sboarina 1.
Al di là legittime preoccupazioni per le conseguenze economiche ai progetti che potrebbero essere interrotti, da dei tecnici ci aspetteremo una valutazione meno venale del piano.
Delle due l’una: o è sbagliato il piano di tutela oppure bisogna ammettere che qualche eccesso di edificazione le ultime due amministrazioni lo hanno commesso, il che traspare anche dagli indici di consumo del suolo a livello regionale e provinciale, in testa a tutte le classifiche nazionali.
Da anni si parla dell’esigenza di tenere conto dei cambiamenti climatici in corso e di preservare meglio la sicurezza idraulica del territorio: quando dovremmo cominciare a farlo, secondo Giaracuni e Falsirolo? Dopo l’ennesima variante urbanistiche che non si preoccupa minimamente di questi aspetti al di là di rispetto la lettera della brutta legge regionale sul consumo di suolo? Delle leggi e dei provvedimenti fatti male dovrebbero essere chiamati a rispondere gli amministratori regionali e cittadini che hanno programmato interventi insostenibili per il territorio».

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