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Influenza aviaria, epicentro in provincia di Verona con una sessantina di focolai

Il virus del sottotipo H5N1 ha colpito soprattutto allevamenti veronesi, con centinaia di migliaia di animali abbattuti

La provincia di Verona continua ad essere l'epicentro dell'epidemia animale di influenza aviaria. Durante l'ultima rilevazione sono stati evidenziati un sessantina di focolai in tutta Italia, ma i casi al di fuori del territorio scaligero sono pochissimi e isolati. Il virus del sottotipo H5N1 ha colpito soprattutto allevamenti veronesi, con centinaia di migliaia di animali abbattuti. I focolai più numerosi sono quelli in allevamenti di tacchini, ma sono stati contagiati anche polli e galline. Molto rari i casi di animali selvatici trovati morti a causa dell'influenza aviaria.

Per evitare ulteriori rischi, il Ministero della Salute ha introdotto tra le misure di prevenzione anche il divieto di utilizzo di volatili come richiami vivi nelle battute di caccia. Un divieto che riguarda solo le zone in cui sono presenti focolai ma che pare non sia stato recepito dalla Regione Veneto. Per questo i consiglieri di minoranza Andrea Zanoni, Anna Maria Bigon, Francesca Zottis (PD), Cristina Guarda (Europa Verde) e Arturo Lorenzoni. «È assai probabile che la via utilizzata dal virus per entrare negli allevamenti possa essere il contatto indiretto con l'avifauna selvatica, per cui la misura ministeriale è il minimo indispensabile - ha dichiarato Zanoni - Le province di Verona e Padova, insieme a Venezia, Rovigo e a metà di quella di Vicenza rientrano nelle Zone A e B, dove è stato disposto il divieto di utilizzo come richiami vivi dei volatili appartenenti agli ordini degli anseriformi e caradriformi. Di ciò però non troviamo alcuna traccia nell'ordinanza di Palazzo Balbi. Come mai una dimenticanza così importante? Esiste o è stato avviato un censimento regionale dei soggetti che utilizzano questo tipo di richiami vivi?».

È importante comunque ricordare che rischi di passaggio del virus dall'animale all'uomo non ce ne sono. I danni dunque non sono di natura sanitaria ma di natura economica. Per questo il deputato di Forza Italia Roberto Caon ha chiesto l'intervento del Governo «per contenere il contagio ma anche per sostenere gli allevatori».
Per il deputato serve «un’ampia zona di protezione con l'obbligo di tenere i volatili in strutture chiuse, occuparsi della rimozione in sicurezza degli animali morti e della disinfezione di tutto quanto possa far circolare il virus. Ma serve subito un coordinamento tecnico e soluzioni che che sappiano prevenire il contagio, evitando di arrivare all'abbattimento di massa dei capi. Gli allevatori non possono essere lasciati soli in questa lotta contro il virus. Servono risorse per riparare i danni più evidenti, quelli causati dagli abbattimenti, ma le misure per garantire la biosicurezza sono causa di ulteriori perdite economiche ingenti. E al Governo ho chiesto di farsi carico anche delle perdite dovute ai mancati o ritardati accasamenti, ai costi per pulizie disinfezioni, quelli derivanti dalla distruzione della pollina, quelli per la destinazione alternative delle uova, o la distruzione delle uova da cova oltre alla perdita di produzione».

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