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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Obesità in bimbi e adolescenti, novità su terapie in un congresso a Verona

Ad organizzarlo il dottor Claudio Maffeis, direttore del Centro regionale specializzato per la diabetologia pediatrica dell’Aoui, che avverte: «In Italia, a dieci anni, un terzo dei bambini ha problemi di peso»

L'obesità infantile e adolescenziale ha un impatto importante sullo stato patologico a lungo termine e sulla mortalità dei più giovani in tutto il mondo. Nella maggior parte dei casi, questa condizione persiste dall'adolescenza all'età adulta, associandosi a ipertensione, alterato metabolismo del glucosio e disagio sociale. E due giornate di studio, che si sono tenute il 16 e 17 giugno nell’auditorium Domus Mercatorum della Camera di Commercio di Verona, sono state incentrante proprio sulla presentazione dei dati scientifici più recenti su tre diversi temi: la diagnosi e il ruolo della genetica nell’obesità infantile e adolescenziale; i disturbi metabolici più comuni associati alla condizione medica e le ultime notizie su trattamento e motivazione alla cura. Il coordinatore scientifico del congresso è stato Claudio Maffeis, docente di pediatria generale e specialistica, direttore di Pediatria B e del Centro regionale specializzato per la diabetologia pediatrica dell’Aoui di Verona.

«In Italia - ha spiegato Maffeis - a dieci anni, un terzo dei bambini ha problemi di peso: il 20% sono in sovrappeso e il 10% soffre di obesità. È necessario che il trattamento sia tempestivo e adeguato, perché, in almeno un caso su due, l’obesità in adolescenza persiste nell’età adulta. Inoltre, il peso in eccesso già nei più giovani si può accompagnare a complicanze metaboliche, come ipertensione arteriosa, aumento dei trigliceridi e del colesterolo, steatosi epatica, intolleranza al glucosio e diabete, e non metaboliche, tra cui problemi psicologici quali bassa autostima, depressione, autoisolamento, oltre a stigma sociale e bullismo, che riducono stato di salute e qualità della vita. Per troppo tempo la persona con obesità è stata definita pigra e golosa. Al contrario, consistenti evidenze scientifiche dimostrano che si tratta di una malattia vera e propria, caratterizzata da una predisposizione genetica usualmente legata a più geni che, complessivamente, agiscono contribuendo ad alterare il sistema di regolazione tra fame e sazietà. L’ampia disponibilità di cibo e la sedentarietà agiscono da fattore scatenante. Alcuni geni sono addirittura responsabili diretti di alcune forme di obesità grave e per alcune di esse è ora disponibile una terapia. La diagnosi è possibile con test specifici eseguiti nella Pediatria B dell’Ospedale Donna Bambino di Verona».

La prima giornata di studi è stata incentrata sul tema dell’obesità infantile. Curare l’obesità non è facile, prevede un’azione a lungo termine su tutti gli aspetti della vita del bambino e dell’adolescente ma anche dei genitori: alimentazione, attività motoria, stile di vita. Per migliorare l’efficacia del trattamento è indispensabile un maggior coinvolgimento diretto di chi si prende cura del bambino e dell’adolescente, a partire da genitori, familiari, insegnati, istruttori sportivi, del pediatra o del medico curante, oltre che del paziente.
A confermarlo, i risultati dallo studio internazionale "Action teens", condotto in dieci paesi dei cinque continenti, con la partecipazione di Claudio Maffeis nel comitato scientifico del progetto in rappresentanza dell’Italia. «Action teens - ha detto Maffeis - ha coinvolto circa 13mila persone, di cui oltre 5mila bambini e adolescenti con obesità, 5.400 genitori e caregivers, e più di 2mila operatori sanitari, con lo scopo di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità e capire in che modo questi fattori influenzino la sua gestione. Il quadro che ne è emerso è estremamente interessante e in parte sorprendente. Ad esempio, un adolescente su quattro non si rende conto di essere obeso e in un caso su tre non riesce a parlare del proprio peso direttamente con i genitori o con medico curante. In due terzi dei casi ritiene che la perdita di peso sia una propria esclusiva responsabilità. Spesso ricorre ai social media per cercare aiuto. Un genitore su tre fatica a riconoscere l'obesità del proprio figlio e quando viene contattato il curante, nell’80% dei casi l’adolescente presenta già almeno una complicanza dell’obesità. Un genitore su tre attribuisce all’adolescente la piena responsabilità per la perdita di peso, sottostimando l’importanza del proprio ruolo al riguardo».
Dallo studio emerge, inoltre, l’esigenza segnalata da parte di più dell’80% dei medici intervistati di ricevere una maggiore formazione specifica sull’obesità del bambino e dell’adolescente per poter fornire un’assistenza più efficace.

Il secondo focus importante del congresso ha riguardato il diabete tipo 1, tipico dell’età pediatrica, che in Italia interessa una persona su 800 di età compresa tra gli 0 e i 18 anni. Questa forma di diabete necessita della somministrazione di insulina più volte al giorno e del controllo costante della glicemia.
Tre le principali novità per il trattamento di questa malattia ci sono il pancreas artificiale, nuovi analoghi dell’insulina umana e l'alimentazione. Per pancreas artificiale s’intende l’integrazione tra sensori per la rilevazione in continuo della glicemia, micropompe per l’iniezione dell’insulina e l’applicazione di algoritmi altamente efficienti, che ha consentito, in tempi recenti, un’elevata automatizzazione della somministrazione dell’insulina. «La quantità di insulina iniettata in continuo dalla micropompa - ha precisato il professore - viene modificata in automatico dall’algoritmo in base ai valori della glicemia registrati dal sensore sottocutaneo con eventuale stop e ripartenza dell’infusione, sempre in modo automatico. Questo riduce moltissimo i rischi di ipoglicemia e di iperglicemia, con tutte le conseguenze a essi associate. Il pancreas artificiale è ormai una realtà e il suo uso comporta un ottimo miglioramento del controllo glicemico e della qualità di vita dei pazienti, anche dei piccolissimi, e dei loro famigliari. Una rivoluzione nel trattamento del diabete impensabile solo fino a pochi anni fa».
Ma la continua ricerca per fornire insuline sempre più maneggevoli e rispondenti alle esigenze dei pazienti ha reso disponibili nuove formulazioni di insulina a breve e lunga durata d’azione anche per i bambini. Queste insuline si caratterizzano per una maggiore efficienza nel controllare la glicemia, una maggiore flessibilità d’uso, e un minor rischio di ipoglicemia, rendendo il trattamento più efficace e sicuro.
Infine, il ruolo dell’alimentazione per prevenire le complicanze cardiovascolari è ben noto nella popolazione generale ed è ancor più importante nelle persone con diabete in cui le alterazioni del metabolismo del glucosio costituiscono di per sé un fattore di rischio importante. Mangiare bene e sano è cruciale. Vietare i carboidrati a chi ha il diabete è sbagliato: importante invece è chiarire bene quali carboidrati, quanti, quando e come assumerli.

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