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Commissione d'inchiesta sul Covid in Veneto, lavoro concluso con due relazioni

Dopo tante audizioni e 13 sedute in 19 mesi, la commissione speciale ha votato due documenti, uno della maggioranza e uno dell'opposizione. Lega: «In Veneto basso impatto in termini di mortalità». PD: «Emerse fragilità del sistema sanitario»

La Regione Veneto monitora costantemente la presenza del coronavirus nelle varie province e continua a comunicare quotidianamente il bollettino dei contagi e delle ospedalizzazioni legate al Covid. Il virus, però, non sembra più essere un problema prioritario ed anche il report di oggi, 1 febbraio, fotografa una situazione per nulla emergenziale. E questo rischia di mettere in secondo piano tutte le vicende legate al coronavirus. Vicende che, invece, uno o due anni fa avrebbero avuto molto più risalto e che ora rischiano di concludersi nel disinteresse.

Eppure, nel giugno del 2021, il consiglio regionale del Veneto votò un provvedimento importante istituendo una commissione speciale d'inchiesta sui contagi e i decessi da Sars-Cov-2 durante la pandemia. Una commissione che ieri è arrivata al termine del suo lavoro, approvando due relazioni di cui ora la Regione dovrà tener conto. «È stato compiuto un atto istituzionale doveroso, rispettoso della dignità di chi ha perso la vita nei terribili mesi che hanno segnato soprattutto la seconda ondata della pandemia in Veneto e degli operatori socio-sanitari che hanno sacrificato tutta la loro vita per tutelare la salute altrui - ha commentato Francesca Zottis, consigliera regionale del Partito Democratico e presidente della commissione speciale d’inchiesta - Quella fu una tragica quanto imprevedibile fase. Ma, nel tirare le somme, la commissione ha anche fatto emergere le fragilità del sistema sanitario. Fragilità che hanno pesato fortemente sul sistema Veneto. Carenze, in termini di mezzi e investimenti, che richiedono oggi risposte e soluzioni incisive. L'auspicio è che il consiglio e la giunta regionale accolgano le critiche e le proposte fatte, investendo concretamente e completando così un lavoro che ha come risultato finale il miglioramento della nostra sanità».

Due le relazioni conclusive votate dalla commissione, una della maggioranza e una della minoranza. Quella della maggioranza è stata illustrata dalla segretaria della commissione Sonia Brescacin insieme alla collega leghista Milena Cecchetto. «È stato confermato che il Veneto ha affrontato un'emergenza mondiale inedita, con una forte e strutturata rete di sanità pubblica e con il coinvolgimento della comunità e l’integrazione dei servizi sanitari e ospedalieri a livello locale - hanno spiegato le due consigliere - Tutto ciò ha consentito di potenziare un sistema già esistente basato sulla comunità, attraverso sforzi di sanità pubblica forti e aggressivi per individuare e isolare casi e contatti iniziali in modo tempestivo e ridurre al minimo i contatti non necessari. La commissione ha adottato un metodo di analisi basato su dati oggettivi e approfondimenti scientifici. È stata esaminata anche un’imponente mole di letteratura scientifica, di caratura internazionale, che si è rivelata particolarmente approfondita. Esemplari sono state le conclusioni apportate dalla prestigiosa rivista Lancet, sul tema della mortalità. Dalle analisi riportate nello studio internazionale, emerge come il numero di decessi, rapportato alla popolazione residente, posiziona il Veneto tra le regioni italiane con il più basso impatto in termini di mortalità. Tale dato, congiuntamente con il rapporto tra eccesso di mortalità per tutte le cause e i decessi attribuiti a Covid-19, evidenzia chiaramente come la capacità di testing ha consentito di individuare ed identificare un numero elevato di casi, contribuendo a contrastare la diffusione e limitare il contagio e conseguentemente anche i decessi che sono tra i più bassi tra tutte le regioni italiane».

Una relazione «auto-assolutoria». Così la consigliera regionale del PD Anna Maria Bigon ha commentato il documento votato dalle forze di maggioranza nella commissione speciale. «Sono stati sostanzialmente ignorati o messi tra parentesi i contributi emersi dalle audizioni da parte di sindacati, dei rappresentanti delle categorie di medici e dei rappresentanti dei familiari - ha aggiunto Bigon - Questa soluzione politica, questo colpo di spugna, è inaccettabile anche perché rende la Regione Veneto cieca e sorda di fronte alle gravi carenze che permangono e alla necessità di rivedere completamente il sistema sanitario regionale che proprio a seguito della pandemia ha mostrato tutte le sue insostenibili fragilità».

Fragilità che sono state invece evidenziate nella relazione delle minoranze, di cui hanno parlato le consigliere Vanessa Camani (PD), Elena Ostanel (Veneto che Vogliamo) ed Erika Baldin (Movimento 5 Stelle). Per Camani «i numeri di contagi, ricoveri e decessi, che hanno travolto il Veneto a cavallo tra l'autunno 2020 e l’inverno 2021, sono impressionanti: 8.282 morti da ottobre a marzo. Peggio di noi solo la Lombardia, con 13mila decessi ma con il doppio della popolazione. Le misure adottate dalla Regione Veneto in quei mesi non sono state oggettivamente sufficienti per contenere la diffusione del virus. Malgrado questo bilancio disastroso e gli appelli di scienziati e organizzazioni sociali, il presidente Luca Zaia non ha mai spiegato perché non abbia mai voluto assumersi la responsabilità politica di adottare misure di contenimento più stringenti, unico vero antidoto contro la pandemia».
«Abbiamo assistito per troppo tempo a reiterate negazioni dell'evidenza, a reti unificate, dalla sede della protezione civile di Marghera - ha aggiunto Ostanel, riferendosi alle quotidiane conferenze tenute dal presidente Zaia durante la pandemia - Sappiamo che i dati forniti per il calcolo dell'Rt su asintomatici non sono stati sempre tempestivi e corretti. Sappiamo che ci sono state contraddizioni pesanti tra i numeri delle terapie intensive dichiarate e quelle realmente attive. Sappiamo che l'esclusivo screening nei contesti sanitari con i tamponi rapidi non era in linea con le linee guida nazionali. Cosa sarebbe successo se i dati fossero stati caricati tempestivamente e si fosse scelto lo screening del personale sanitario con tamponi molecolari?».
Ed Erika Baldin ha concluso così: «Chi ha visto un parente morire abbandonato all'interno di una casa di riposo ha diritto alla verità. Come mai quegli anziani non sono sempre arrivati nelle terapie intensive? E come mai i vertici della Regione, compreso Zaia, come emerso dalle intercettazioni rivelate dalla trasmissione Report, hanno scelto deliberatamente di non ascoltare gli allarmi del professor Crisanti sull'uso dei tamponi rapidi negli ospedali e nelle Rsa, ignorando e anzi screditando il suo studio poi pubblicato sulla rivista Nature? Una cosa è certa: questa vicenda non si chiude qui. Vedremo già nei prossimi giorni cosa emergerà dall'inchiesta della Procura di Padova che coinvolge i vertici della sanità veneta».

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