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L'inquinamento atmosferico a Verona provoca più di 100 morti l'anno

È stata realizzata una classifica sulla mortalità dovuta all'inquinamento dell'aria in 858 città europee. Per le polveri ultrasottili, il capoluogo scaligero è 11esimo. Per il biossido di azoto è 50esimo

Sono stati pubblicati ieri, 19 gennaio, sulla rivista The Lancet Planetary Health i risultati della prima fase dell'ISGlobal Ranking of Cities, un progetto che mira a stimare gli impatti sulla salute della pianificazione urbana e dei trasporti in 1.000 città europee. La ricerca intende valutare diversi aspetti ambientali, come l'inquinamento atmosferico, il rumore del traffico stradale, l'esposizione a spazi verdi e gli effetti delle isole di calore in città di oltre 30 paesi europei. E per ogni aspetto vengono realizzate delle classifiche in base ai risultati ottenuti.

Sulla base dello studio pubblicato ieri sono state create due classifiche su quali città europee hanno la maggior mortalità dovuta all'inquinamento atmosferico. Le graduatorie mettono in fila 858 città europee, tra cui Verona.
La prima classifica si riferisce alla mortalità legata alle polveri ultrasottili, le cosiddette PM 2.5. La media annuale di questo inquinante registrata nel capoluogo scaligero è di 25,9 nanogrammi per metrocubo di aria. Un valore superiore sia al livello massimo indicato dall'Oms (10 nanogrammi) sia al livello massimo indicato dall'Unione Europea (25 nanogrammi) e che pone Verona all'11esimo posto tra le città europee con maggior mortalità. In base a questi risultati, lo studio ha calcolato che sarebbero morte a causa dell'inquinamento fino a 368 cittadini veronesi.
La seconda classifica prende in considerazione un altro inquinante, il biossido di azoto. E Verona è 50esima con un valore medio annuo di 34,1 nanogrammi per metrocubo di aria (il valore massimo di riferimento per l'Oms è 40 nanogrammi). Anche per questo inquinante è stato stimato che se il valore fosse stato pari a quello più basso registrato dallo studio si sarebbero potuti evitare 150 decessi.

Lo studio è stato realizzato dall'università di Utrecht, dal Global Health Institute di Barcellona e dal Tropical and Public Health Institute svizzero ed è stato contestato dal Comune di Verona perché riporterebbe dei dati non attuali. Il valore di 25,9 nanogrammi per metrocubo di aria non sarebbe conforme a quello rilasciato da Arpav. Dalla relazione regionale sulla qualità dell'aria, infatti, il livello di PM 2.5 registrato a Verona nel 2019 è stato di 19 nanogrammi. Il valore che si avvicina di più a quello dello studio è 26 nanogrammi, registrato nel 2015 e da allora questo valore è diminuito di anno in anno. «Gli studi e le classifiche sono importanti ma in questo caso danno una fotografia che genera un allarme ingiustificato - ha commentato l'assessore all'ambiente Ilaria Segala - I dati utilizzati non sono attuali, si basano su rilevamenti vecchi che non corrispondono alla realtà e pertanto sfalsano il risultato. Certo, molto resta ancora da fare ma molto si sta facendo per migliorare la qualità dell'aria e la riduzione ne è la dimostrazione. Condividiamo l'obiettivo della ricerca, ossia sottolineare l'importanza di adottare dei valori limite sempre più bassi per ridurre la mortalità da inquinamento, ma per dimostrarlo non servono le esagerazioni».

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