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Citrobacter, Sin chiede la revoca della sospensione del dottor Biban 

Per la Società Italiana di Neonatologia «le accuse rivolte al primario sono immotivate, illogiche ed illegittime» perché le maggiori responsabilità sono imputabili alla direzione ospedaliera

La Società Italiana di Neonatologia (Sin) chiede la revoca della sospensione del dottor Paolo Biban disposta dalla Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) in seguito al caso citrobacter.

La presenza del batterio killer nell'ospedale della donna e del bambino di Verona ha causato, tra il 2018 e il 2020, la morte di quattro neonati, mentre altri hanno riportato lesioni permanenti. La vicenda è stata approfondita da una commissione creata dalla Regione Veneto, la cui relazione ha portato alla sospensione del primario della pediatria, il dottor Biban, e di due dirigenti, la dottoressa Chiara Bovo e la dottoressa Giovanna Ghirlanda, ed ha portato anche ad un provvedimento disciplinare per Giuliana Lo Cascio, primario facente funzioni dell'unità operativa di microbiologia e virologia.
Ma oltre all'indagine della commissione regionale, c'è stata anche l'ispezione dei commissari del Ministero della salute, i quali hanno prodotto un altro resoconto. In questo secondo documento, sono state evidenziate alcune possibili cause della tragica vicenda avvenuta nell'ospedale veronese. Cause imputabili anche alla direzione aziendale. Il direttore generale dell'Aoui Francesco Cobello si è difeso dalle accuse mosse dagli ispettori ministeriali, scaricando le responsabilità su altri e dicendo che la relazione del Ministero conteneva della inesattezze. Ma alle parole di Cobello sono seguite quelle di Biban che ha replicato al direttore dall'Aoui e che ora ha ottenuto anche l'appoggio della Società Italiana di Neonatologia.

Per la Sin, infatti, «le accuse rivolte al primario sono immotivate, illogiche ed illegittime» perché «il punto nodale della vicenda è costituito dal grave ritardo da parte della direzione ospedaliera ad adottare con immediatezza tutte le misure necessarie al contenimento dell'infezione e al miglioramento della condizione generale del reparto». Anche la Sin è convinta che Cobello fosse stato informato della infezione in corso «e, ciò nonostante, ha omesso di avvisare immediatamente l'Azienda Zero e, conseguentemente, ha gravemente tardato nella adozione delle misure necessarie a fronteggiare la situazione».

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