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Lunedì in zona rossa, scuole e asili chiusi un anno dopo. La protesta: «È diritto essenziale»

«La sospensione della didattica in presenza per i servizi educativi e dei cicli inferiori è una misura che calpesta le vite dei più piccoli e dei loro familiari», afferma Debora Meggiolaro

Con il passaggio in zona rossa da lunedì 15 marzo anche per il Veneto è in arrivo la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado, compresi gli asili nido ed i micronidi. Una misura introdotta dal Dpcm del 2 marzo a firma Mario Draghi che causerà molti problemi alle famiglie, le quali si troveranno in difficoltà nel gestire i propri figli, specie quelli più piccoli, dovendo magari continuare ad andare a lavorare. A differenza infatti di quanto avvenne nel marzo 2020, quando ci fu il lockdown "duro e puro", questa volta la zona rossa lascia aperte le fabbriche e diverse altre attività commerciali, oltre a quegli stessi bar e ristoranti che, pur "chiusi" alla clientela al tavolo, per fare servizio d'asporto o delivery hanno comunque bisogno di persone che mandino avanti le attività. E queste persone, magari, hanno anche dei figli piccoli che però non possono andare a scuola o persino non possono essere accompagnati, spesso con l'auto privata peraltro e quindi senza sovraccaricare i mezzi pubblici, all'asilo nido o ai micronidi. Un bel problema che di certo non si risolverà con «congedi parentali e bonus baby sitter» per i quali tanto si è detta soddisfatta a mezzo social la ministra agli Affari regionali Mariastella Gelmini.

Il gruppo di cittadini "Ridateci la scuola", dopo l’invio la settimana scorsa di una lettera al ministro dell'Istruzione Bianchi, al presidente della Regione Veneto Luca Zaia ed al sindaco di Verona Federico Sboarina, fa sapere in una nota di continuare il suo percorso di sensibilizzazione e protesta scrivendo nuovamente a tutti i sindaci e dirigenti della provincia scaligera e preannunciando anche delle manifestazioni: «Abbiamo oggi scritto ai sindaci e ai dirigenti scolastici della provincia di Verona per chiedere che come rappresentanti e responsabili anche della salute dei cittadini e degli studenti, ognuno per le proprie competenze, si esprimano pubblicamente nella loro veste istituzionale, a difesa dell’apertura delle scuole nei nostri Comuni, affinchè la scuola sia trattata per quello che è ossia diritto e un servizio pubblico essenziale, non solo essenziale per l’istruzione, la saluta psicofisica dei ragazzi ma anche per la tenuta dell’intera società. - afferma Rachele Peter, cofondatrice di "Ridateci la scuola" - Serve una presa di posizione forte delle autorità territoriali, come fatto in altre città d’Italia (pensiamo alla lettera del Sindaco di Prato o alle dichiarazioni del provveditore di Arezzo)».

ridateci la scuola

Anche Debora Meggiolaro, sempre di "Ridateci la scuola", critica duramente la chiusura delle scuole che avverrà da lunedì in zona rossa: «La sospensione della didattica in presenza per i servizi educativi e dei cicli inferiori (nidi, infanzia, primaria, secondaria inferiore) è una misura che calpesta le vite dei più piccoli e dei loro familiari e che metterà in profonda crisi le gestioni familiari esponendo i genitori a una conciliazione tra lavoro e famiglia che diventerà oggettivamente impossibile. Non si può pensare di risolvere la gestione affidandosi alla categoria dei nonni, proprio quella categoria considerata fragile e a rischio. La scuola è un pilastro della vita sociale di una comunità civile e pertanto va tutelata e non chiusa».

Giulia Ferrari, cofondatrice di "Ridateci la scuola", affronta poi un altro tema molto importante: «Chiediamo inoltre che sindaci e dirigenti si esprimano pubblicamente a difesa dei lavoratori e delle lavoratrici, che devono continuare il proprio lavoro anche in questa fase, perché ai loro figli sia garantita la scuola in presenza; affinché in questa fase di profonda crisi dovuta alla pandemia la circostanza che questi lavoratori e lavoratrici siano mamme o papà non diventi un elemento discriminante per loro pregiudizievole. Tale scelta sarebbe peraltro in linea con la nota del ministero dell’istruzione 343 del 4.3.21 che prevede che gli alunni disabili e con bisogni educativi speciali (BES) possano continuare a frequentare la scuola in presenza. Per evitare che si tratti di una frequenza in totale solitudine, - evidenzia con finezza psicologica e giusta sensibilità Giulia Ferrari - ovvero che si realizzi un isolamento di categoria, sarebbe necessario creare un "gruppo classe" idoneo a mantenere una reazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica a cui si aggiunga un collegamento online con gli altri compagni di classe».

In conclusione, "Ridateci la scuola" nella sua nota chiede alle autorità che in queste settimane di chiusura «mettano in campo tutti gli sforzi possibili e che rappresentino alle autorità competenti la necessità e l'urgenza di accelerare il piano vaccinale, in particolare quello che coinvolge gli insegnanti e personale scolastico, e la necessità di strutturare protocolli di prevenzione e trattamento efficaci seguendo l'esempio virtuoso di altre Regioni italiane, affinché la chiusura sia solo eventuale e temporanea e la scuola possa comunque essere presto riaperta in presenza e in sicurezza».

ridateci la scuola. 5

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