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«Contro la violenza sugli operatori sanitari più forze di polizia nei luoghi di lavoro»

Per Ivan Bernini, segretario generale della Fp Cgil Veneto, le sanzioni e l'attività formativa non sono abbastanza. «Ci rendiamo conto che è assurdo arrivar a dover proteggere personale che per lavoro aiuta i cittadini, ma i tempi sono questi»

Sabato scorso, 12 marzo, si è tenuta la prima "Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari". Una ricorrenza introdotta da una legge dell'ottobre 2020 che introduce disposizioni in materia di sicurezza per chi esercita professioni sanitarie e socio-sanitarie, tra cui sanzioni pecuniarie da 500 a 5.000 euro ed anche la reclusione nei casi di violenza più gravi e di rilevanza penale. Un provvedimento arrivato in piena emergenza coronavirus, anche se la violenza e le aggressioni al personale delle strutture sanitarie già prima non erano una novità. E il Covid ha probabilmente accentuato un fenomeno fin troppo presente, soprattutto nei pronto soccorso e negli ambulatori. «Ma come spesso accade c'è sempre una certa distanza tra le previsioni delle leggi e la loro effettiva applicazione - ha commentato Ivan Bernini, segretario generale della Fp Cgil Veneto - Una legge fortemente richiesta dalle organizzazioni di rappresentanza sindacale proprio perché, anche prima della pandemia, gli episodi di violenza erano troppi e reiterati. È evidente che le sanzioni possono essere dei deterrenti ma spesso, come abbiamo visto anche in questi mesi, non sono sufficienti di per sé a limitare episodi di violenza».

Per questo la Regione Veneto ha previsto l'avvio di percorsi formativi, dimostrando di ritenere questo fenomeno preoccupante e meritevole di intervento. «Purtuttavia - continua Bernini - serve affiancare a questi interventi anche un maggior presidio delle forze dell’ordine all’interno delle strutture. Vi sono strutture che accolgono presidi di polizia permanenti nelle 24 ore, altri nei quali il servizio funziona in orario diurno, altri in cui non c’è proprio. Gli stessi direttori generali negli anni passati avevano interloquito con prefetture e questure per richiedere la presenza 24 ore su 7 giorni ma anche le forze dell’ordine hanno subito contrazione di risorse e di personale in questi anni e non ovunque è stato possibile potenziare o prevedere il servizio. Ci rendiamo conto che è assurdo arrivar a dover proteggere personale che per lavoro aiuta i cittadini, ma i tempi sono questi. E assieme alla formazione del personale non vediamo alternative al presidio delle forze dell’ordine interno a tutte le strutture sanitarie e ci aspettiamo che direzioni e questure trovino soluzioni a questo problema».

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