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Medici di famiglia e del pronto soccorso, porte aperte agli specializzandi

La Regione alza il numero massimo di pazienti che i dottori in fase di specializzazione possono seguire come medici di medicina generale. E i laureati in medicina e chirurgia abilitati, al di fuori dell'orario dedicato alla formazione, potranno dare supporto nei reparti di emergenza-urgenza

Ieri, 17 maggio, il consiglio regionale del Veneto ha approvato le disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e sociali. Un provvedimento, sostanzialmente, di semplificazioni burocratiche su cui si erano accese forti polemiche a causa della presentazione di alcuni emendamenti da parte della giunta regionale. Emendamenti che non erano stati approfonditi e che riguardavano l'uso di medici in fase di specializzazione per sopperire alla carenza di medici di medicina generale e di pronto soccorso.
Respinto al primo passaggio in consiglio regionale e ridiscusso in commissione, il provvedimento ha avuto ieri il via libera ed il presidente della Regione Luca Zaia ha commentato così: «Un provvedimento importante che ha anche lo scopo di rendere il più veloce possibile una manovra che dia una risposta immediata alla difficoltà di reperire personale per la sanità veneta. Continuiamo a fare squadra per affrontare un momento difficile che è tale in tutta Italia, non certo solo per il Veneto. Tutti questi giovani medici costituiranno linfa vitale fino a che, soprattutto a livello nazionale, non si troveranno soluzioni strutturali, sia per semplificare l’accesso alla professione, sia per difendere e valorizzare il lavoro di medico che una serie di circostanze hanno reso oggi meno attrattivo di un tempo».

L'assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin è poi scesa nei dettagli, spiegando che per i medici di famiglia «viene autorizzato un incremento del massimale di scelte degli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione specifica in medicina generale. Sia chiaro che si tratta di medici a tutti gli effetti, laureati e abilitati, pur senza la specializzazione che, come più volte ribadito saranno seguiti da dei tutor lungo tutto il percorso come previsto per legge». Gli specializzandi al primo anno potranno avere al massimo 1.000 assistiti, mentre quelli al secondo anno 1.200.
«Sul fronte del sistema di emergenza-urgenza - ha proseguito l'assessore - è prevista la proroga fino al 31 gennaio 2024 di contratti a tempo determinato, di rapporti in convenzione o di altre forme di lavoro flessibile. Inoltre, le attività documentate da un numero di ore equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, potranno essere maturati fino al 30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario nazionale. Si prevede, inoltre, che, per il triennio 2022-2024, i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione, possano prestare servizio, al di fuori dell’orario dedicato alla formazione, a supporto dei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri tramite contratti libero professionali».

L'approvazione di ieri ha però creato una frattura tra la Regione e la Fimmg del Veneto, il sindacato dei medici di medicina generale. E il motivo della rottura non sarebbe nei contenuti del provvedimento, quanto nella mancanza di confronto. «Noi abbiamo un momento di rottura nei rapporti con la Regione - ha dichiarato all'agenzia Dire il segretario di Fimmg Veneto Maurizio Scassola - Abbiamo mandato una lettera al direttore generale della sanità veneta dicendo che noi desideriamo dei segnali precisi di cambiamento di rotta rispetto ai rapporti e il recupero del Comitato regionale per la medicina generale, che è il luogo dell'approfondimento, della programmazione e delle decisioni e che da anni non viene più convocato».
Il malcontento «parte dal mancato coinvolgimento del sindacato nel contesto delle norme che sono state deliberate - ha aggiunto Scassola - La Regione dice di aver concordato con noi tutto quanto, ma noi non abbiamo concordato nulla con la Regione. Noi non siamo mai stati contrari al fatto che giovani medici potessero iniziare, in una fase emergenziale, a lavorare. Ma quello che avremmo voluto e desiderato è maggiore sensibilità della Regione rispetto alla sicurezza delle cure». Di qui la richiesta di prevedere un tutoraggio continuo dei medici in servizio durante la formazione. «La Regione ci ha detto che questo tutoraggio non c'è mai stato e che i medici hanno già affrontato da tempo sostituzioni con 1.500 pazienti - ha concluso Scassola - Noi rifiutiamo questa logica, è ora che ci sia una analisi dei problemi e questa era l'occasione per discutere, ragionare insieme, programmare insieme. Il nostro atteggiamento rimane di grande disponibilità, vogliamo aiutare la Regione ad essere leader in questo senso».

Ma proprio sul tutoraggio, l'assessore Lanzarin conferma: «I giovani medici iscritti alla Scuola di formazione specifica in medicina generale che decideranno di entrare nel sistema sanitario territoriale durante la formazione saranno inseriti tutti, nessuno escluso, in un sistema di tutoraggio che li supporterà nel cammino formativo e professionale. Assicuro ogni cittadino veneto che l’assistenza fornita da questi giovani e volonterosi professionisti sarà la migliore, anche grazie alla figura del tutor, che tutti avranno».

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