Pronto soccorso in affanno anche con meno accessi. Mancano i medici
In Veneto, gli ingressi nei reparti di emergenza-urgenza sono quasi dimezzati rispetto al periodo pre-Covid. E nel Veronese servirebbero almeno 18 camici bianchi in più nelle corsie
I pronto soccorso non sono presi d'assalto eppure sono in emergenza. La federazione sindacale dei medici Cimo-Fesmed ha smontato la narrazione secondo cui i reparti di emergenza-urgenza degli ospedali siano in affanno perché sono aumentati gli accesi dei pazienti. Confrontando i numeri attuali con quelli pre-Covid non si nota nessun aumento vertiginoso di ingressi nei pronto soccorso. Il problema è un altro e se ne discute da tempo ormai: la carenza di medici.
La tabella mostra la comparazione fatta a livello nazionale da Cimo-Fesmed tra gli ultimi dati di accesso ai pronto soccorso (disponibili sul portale Agenas) e i corrispettivi del 2018 ed il 2019. Solo in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige e Toscana ci sono stati più accessi. In Veneto, gli accessi di quest'anno sono quasi la metà rispetto a quelli che si registravano prima della pandemia.
Dunque le difficoltà dei pronto soccorso sono strutturali ed in particolare nel Veronese sono legate ad una mancanza di medici. Ne servirebbero 18 nelle strutture scaligere e «a Verona, tra Borgo Trento e Borgo Roma, mancano ancora due medici ed alcuni sono part-time», ha aggiunto la consigliera regionale del Partito Democratico Anna Maria Bigon, la quale chiede alla Regione concreti investimenti. «Serve alzare innanzitutto i livelli salariali e rendendo attrattivo il servizio nei pronto soccorso, ormai sempre più abbandonati dai professionisti anche per le condizioni di lavoro ad alto tasso di stress lavorativo - ha dichiarato la consigliera regionale - In alternativa, questo trend non si arresterà e renderà sempre più precaria la tutela degli utenti nell'ambito dell'emergenza-urgenza».
Ed anche l'associazione dei consumatori Codacons ha affontato il problema della mancanza di medici nei pronto soccorso suggerendo come soluzione quella di accreditare presso il Servizio Sanitario Nazionale gli studi medici privati della regione, al pari di quanto già avviene con le cliniche convenzionate, e di ricorrere in via d’urgenza ai medici militari nelle situazioni in cui il sovraffollamento dei pronto soccorso mette a rischio la vita dei pazienti. «La crisi strutturale del sistema di emergenza sanitario sta letteralmente esplodendo in diversi ospedali del Veneto che non riescono a far fronte agli accessi - ha commentato il presidente Codacons Carlo Rienzi - Una situazione che rischia di esporre nosocomi e medici ad una valanga di denunce per omissione di soccorso, concorso in lesioni e, in caso di decessi nei pronto soccorso, concorso in omicidio colposo. Di fronte a questa grave crisi la Regione Veneto e le istituzioni devono attivarsi con misure straordinarie volte a garantire i servizi di assistenza agli utenti- In tal senso chiediamo di inserire nel Servizio Sanitario Nazionale anche gli studi medici privati del Veneto, che devono operare per sopperire alla mancanza di camici bianchi nei pronto soccorso, alle stesse condizioni delle cliniche convenzionate, apportando le necessarie modifiche alla normativa vigente per consentire a tutti i pazienti di poter accedere in modo il più possibile agevole alle prestazioni di cui necessitano, anche presso strutture private non accreditate, così da alleggerire accessi e carico di lavoro nei pronto soccorso».