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Carenza medici di base, dopo il caso Dolcè Bigon incalza: «Scenario da abbandono del servizio sanitario»

«Le soluzioni-tampone volute a testa bassa dall'assessore Lanzarin e dalla Giunta Zaia per cercare di coprire questa vergogna stanno producendo il nulla», ha detto la consigliera regionale del PD Veneto e presidente della Commissione Sociosanitaria

«Ormai è uno scenario da abbandono del servizio sanitario pubblico, con intere comunità in tutto il Veneto lasciate colpevolmente e irresponsabilmente allo sbando, senza un riferimento essenziale rappresentato dal medico di famiglia».
È Anna Maria Bigon, consigliera regionale del PD Veneto e presidente della Commissione Sociosanitaria, a tornare sul problema relativo alla carenza dei medici di base, il cui ultimo caso è quello emerso nel Comune di Dolcé, dove circa 2 mila persone tra le frazioni di Volargne, Peri, Ceraino e Ossenigo, risultano prive di questa importante figura. Solo l'operato del sindaco Adamoli, unito alla disponibilità del dottor Mastella, ha permesso di offrire ai residenti della zona una copertura minima. 

«Le soluzioni-tampone volute a testa bassa dall'assessore Lanzarin e dalla Giunta Zaia per cercare di coprire questa vergogna stanno producendo il nulla - ha incalzato Bigon -. Perché non vanno alla radice di un problema, quello della carenza di queste figure, che in Veneto assume dimensioni ben più ampie rispetto ad altre realtà del nostro Paese. La media infatti dei medici di medicina generale in Italia è 395 ogni 100mila abitanti, mentre quella della nostra regione, al penultimo posto, è di 345. Eppure non si è fatto quello che era doveroso, tra mancata programmazione, richieste di aiuto da Roma inferiori alle necessità e insufficienti risorse messe a disposizione delle borse di studio».

Secondo l'esponente dem «è stato un grave peccato di presunzione, senza ascolto e dialogo, l'aver pensato che questa Caporetto potesse essere evitata aumentando il tetto dei pazienti per medico da 1.500 a 1.800 oppure sostituendo i medici di medicina generale con le guardie mediche o, ancora, dando la possibilità ai medici iscritti alla scuola di specializzazione di prendersi carico di 1.000 pazienti, senza alcun tutoraggio, fin dal primo anno. Tutte misure che si stanno rivelando un flop, peraltro annunciato, perché non spostano, anzi aggravano la scarsissima appetibilità di questo ruolo. Gli abbandoni, invece di diminuire, si moltiplicano. Tutto questo con la prospettiva di nuovi pensionamenti che scaveranno una voragine ancora più profonda: basti pensare che nel veronese mancano 132 medici di medicina generale e che 95 di loro andranno in pensione nei prossimi due anni.
Ribadiamo - conclude Bigon - l'indispensabilità di agire diversamente, a partire dalla spinta finanziaria che va data a supporto delle medicine di gruppo con l'ingresso massiccio di personale amministrativo formato che è fondamentale per liberare i medici di un carico burocratico immenso che rende impossibile il loro lavoro».

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