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Aviaria. La zona sud della provincia inserita tra i territori ad alto rischio

Il provvedimento è stato adottato dalla Giunta regionale «alla luce di uno studio commissionato dalla nostra Direzione Prevenzione all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie», ha detto l'assessore Coletto

Con una delibera presentata dall’assessore alla Sanità Luca Coletto, di concerto con il collega all’Agricoltura Giuseppe Pan, la Giunta regionale del Veneto ha deciso di inserire il territorio della provincia di Verona situato a sud dell’autostrada A4 tra le zone “ad alto rischio di introduzione e diffusione del virus dell’influenza aviaria”.

«La decisione – precisa Coletto – è stata presa alla luce di uno studio commissionato dalla nostra Direzione Prevenzione all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie sull’applicazione delle misure di riduzione del rischio e biosicurezza negli allevamenti avicoli del Veneto, che ha indicato, tra l’altro, la situazione di rischio presente in quest’area».

«Il Veneto – ricorda Pan – è il primo produttore nazionale di pollame, e in particolare del tacchino da carne, che è la specie a maggior rischio di diffusione della malattia. Inoltre le aree a più alta concentrazione di allevamenti di tacchini sono proprio quelle costituite dalle province di Vicenza e Verona a sud dell’A4 e dalla parte sud della provincia di Padova».

«Con questa delibera – fanno notare Coletto e Pan – si rafforza il sistema regionale di difesa contro la diffusione di un virus che causa molte preoccupazioni e gravi danni economici. Basti pensare che l’emergenza epidemica del 2017 ha costretto ad abbattere milioni di capi e procurato un costo per la sola pubblica amministrazione di 40 milioni di euro su scala nazionale, 11 dei quali in Veneto».

Nell’area del veronese inserita oggi, 27 novembre, in quelle a più alto rischio andranno applicate le misure già introdotte altrove dall’11 maggio 2016. Tra queste, in particolare, il divieto di costruzione di nuovi allevamenti di pollame all’aperto (compresa la riconversione di strutture preesistenti ad allevamenti all’aperto); la garanzia da parte degli allevamenti preesistenti che detengono pollame all’aperto (compresi quelli biologici) della possibilità di poter tenere al chiuso i propri animali in caso di necessità legata alla situazione epidemiologica e nei periodi a rischio; il divieto di allevamento promiscuo (nella stessa struttura) di anatidi e di altre specie di pollame.

L’individuazione di questa zona a rischio sarà sottoposta alle rivalutazioni e revisioni adottate a seguito dell’evoluzione epidemiologica della situazione nazionale e internazionale della malattia, e comunque dopo due anni dall’approvazione del provvedimento di oggi.

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