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Altromercato Campus, Calvi: «Noi siamo idealisti e solidali da 30 anni»

La maggiore realtà di commercio equo e solidale in Italia ha presentato il suo mondo al Polo Santa Marta dell'Università di Verona

C’è tutto un mondo da scoprire. Un mondo più giusto, sostenibile, attento all’ambiente, ai diritti, al lavoro e alla solidarietà sociale, in cui l'economia sia un mezzo e non un fine. Non è un’utopia, ma una realtà che da 30 anni opera per favorire il cambiamento sociale e promuovere una maggiore equità delle regole del commercio mondiale e che ha la sua base a Verona. È il mondo che Altromercato, la maggiore realtà di commercio equo e solidale in Italia, ha voluto presentare al Polo Santa Marta dell'Università di Verona, in occasione di «Altromercato Campus 2018». Un'intera giornata in cui il dipartimento di economia aziendale dell'ateneo veronese è diventato la casa di Altromercato ed ha ospitato incontri, dibattiti, laboratori sul tema della sostenibilità ambientale e sociale della filiera etica e di un futuro più equo e sostenibile da costruire insieme.

Noi siamo idealisti e solidali da 30 anni - ha detto il presidente di Altromercato Cristiano Calvi - oggi l'economia in generale, finalmente, ragiona intermini di cambiamento. Noi da sempre sogniamo un mercato che si basi sulla responsabilità sociale d'impresa, che rispetti i lavoratori e garantisca la qualità del prodotto attraverso una filiera tracciabile. E lo mettiamo in pratica tutti i giorni, lavorando con i detenuti, con le cooperative insediatesi sui terreni confiscati alla mafia, anche con grandi produttori e attraverso una rete di 3mila volontari in Italia. Perché il fine dell'economia dovrebbe essere proprio questo: il benessere collettivo.

Teo Musso del Birrificio Baladin ha aggiunto: «Viviamo una rivoluzione che dura da 20 anni e ha cambiato l'approccio al consumo, grazie a una serie di produttori che ha smosso la rigidità secolare dei grandi gruppi creando nuove tendenze. Noi, 12 anni fa, siamo partiti dalla terra per arrivare al prodotto. Oggi coltiviamo 400 ettari di terreno e otteniamo il 90% delle materie prime da una filiera diretta e garantita dal campo al bicchiere. Anche storici brand come Paluani hanno evoluto il loro modo di lavorare. «Nel nostro decalogo della qualità la prima parola è "rispetto" per tutti coloro che sono coinvolti nella filiera - ha confermato il direttore generale Diego Romanini - Lo teniamo sempre presente, lavorando per essere mediamente competitivi nel lungo periodo grazie ad una filiera controllabile, a prezzi che non siano, a differenza di quanto avviene oggi, sempre più bassi a discapito della qualità e non dimenticando l'apporto, che si riverbera sul prodotto finito, rappresentato dai nostri lavoratori stagionali, molti dei quali sono con noi da 20 anni e con un turnover che non supera il 2%».

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