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Coronavirus arrivato in Veneto dalla Serbia, Zaia: «Molto più contagioso»

Il governatore ha fatto sequenziare il virus del cluster serbo portato in regione. E insieme al dottor Rigoli ha presentato dei nuovi test rapidi che in pochi minuti permettono di individuare cittadini contagiati

È passato da quotidiano a periodico l'aggiornamento tenuto dal presidente regionale Luca Zaia sull'emergenza coronavirus in Veneto. Il punto informativo non si tiene più tutti i giorni a Marghera, ma solo ogni tanto, quando il governatore ha delle comunicazioni importanti da fare. Ed oggi, 13 luglio, sono state due le comunicazioni importanti, una riferita da Zaia e l'altra riferita dal direttore delle microbiologie del Veneto Roberto Rigoli. 

L'aggiornamento non è più quotidiano, però Zaia non rinuncia alle consuetudini e quindi ha letto come al solito il bollettino odierno e lo ha commentato cosi: «La situazione è sotto controllo ma non significa far festa. Ci sono delle regole minimali, come il distanziamento sociale e l'uso della mascherina, che vanno applicate. Il ceppo del coronavirus del Veneto ha una carica virale inferiore e quindi abbiamo dei focolai domestici che non ci preoccupano. Ci preoccupano di più i ceppi di virus portati da fuori e per questo abbiamo intensificato i controlli. E un altro dato che non è irrilevante è l'abbassamento dell'età media dei contagiati».
Con queste considerazioni, il presidente veneto ha introdotto la novità che lui stesso ha comunicato oggi. Zaia, infatti, ha fatto sequenziare il coronavirus che ha infettato in Serbia dei cittadini che poi sono ritornati in Veneto. Una novità utile al governatore per chiedere maggiore attenzione nei confronti di coloro che arrivano in Veneto da paesi in cui Covid-19 non è ancora sotto controllo. I risultati del sequenziamento sono stati così sintetizzati da Zaia: «Nei quattro pazienti analizzati, la carica virale era molto elevata. Si tratta di virus dello stesso ceppo isolato nel cluster in Serbia e sono diversi dai virus isolati in Veneto. Per questo bisogna stare attenti ai virus che entrano dall'estero perché sono molto più contagiosi».

L'altra novità è stata spiegata dal dottor Rigoli, il quale ha sperimentato un nuovo test rapido per indicare se un cittadino è positivo o negativo al coronavirus. «Il tampone è ancora l'unica modalità diagnostica - ha specificato Zaia - Comunque abbiamo testato ormai mille tamponi rapidi e su questi mille tamponi solo uno ha dato un falso positivo, ovvero ha dato un risultato di positività in un caso di negatività». A differenza del testa a tampone, questa novità provata sotto gli occhi di tutti dal dottor Rigoli ha dato un risultato nel giro di pochi minuti. «Si tratta di un test rapido, che si differenzia dagli altri test rapidi perché questo va alla ricerca diretta del virus. In caso di positività, non facciamo alcuna diagnosi definitiva, ma cerchiamo conferma a livello di biologia molecolare. Però, la velocità dell'analisi ci consente immediatamente di isolare l'ipotetico positivo»

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