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Venerdì, 19 Aprile 2024

Plusvalenze, la Finanza sequestra quasi 4 milioni di euro al Chievo Verona

L'indagine riguarda le condotte illecite connesse alla compravendita di giovani calciatori avvenute tra la società romagnola fallita e quella clivense

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Forlì stanno eseguendo l’ordinanza con la quale il gip del Tribunale di Forlì Monica Galassi, su richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto una misura interdittiva di “divieto di esercitare attività d’impresa” ed il sequestro preventivo di beni per il valore complessivo di circa 9 milioni di euro. In totale sono 29 le persone indagate nel procedimento penale.

L’attività eseguita dal Gruppo di Cesena giunge nell’ambito di complesse indagini che hanno interessato l'AC Cesena (la vecchia società) che è stata dichiarata fallita nell’agosto del 2018.

Le investigazioni effettuate dalle fiamme gialle hanno tratto origine da attività informativa svolta nel mese di febbraio del 2018, in merito a possibili condotte illecite connesse alla compravendita di giovani calciatori avvenute tra la società fallita (già militante nel campionato di calcio di serie B) e il Chievo Verona.
La Procura di Forlì ipotizza la commissione dei reati di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e i reati tributari di emissione ed utilizzo di fatture false.

Secondo gli accertamenti degli investigatori, negli anni dal 2014 al 2018, il Cesena Calcio ed il Chievo Verona avrebbero effettuato delle reciproche compravendite di calciatori minorenni che, in realtà, si verificavano solo cartolarmente (atteso che il giocatore non si trasferiva mai presso la nuova società in ragione della contestuale stipula del “prestito”) ed a valori del tutto sproporzionati. I giovani atleti, infatti, oltre a non venir mai utilizzati dalla società acquirente sarebbero stati addirittura “prestati” a squadre dilettantistiche.
La guardia di finanza riporta anche la vicenda, ritenuta significativa, di un giovane calciatore, ceduto dalla squadra veneta alla romagnola al prezzo di 1,8 milioni di euro, che avrebbe deciso addirittura di smettere di giocare a calcio in quanto mai schierato proprio a causa del suo basso valore tecnico.

Le presunte false plusvalenze ricostruite nel periodo 2014-2018 ammontano a quasi 30 milioni di euro e avrebbero costituito l’escamotage per mantenere in vita una società che avrebbe dovuto richiedere l’accesso a procedure fallimentari da diversi anni e che avrebbe continuato ad omettere con sistematicità il versamento delle imposte, trasformando tale espediente straordinario nella normalità della gestione imprenditoriale. Il debito accumulato con l’Erario amminterebbe quindi a oltre 40 milioni di euro.

Tali illecite operazioni, che sarebbero state confermate da alcuni indagati nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, avrebbero comportato la completa alterazione dei bilanci delle due società che hanno potuto così riportare in positivo i risultati di esercizio pur essendo, in realtà, in perdita ed omettendo così l’adozione delle misure di ripristino del patrimonio previste dalla legge.

Inoltre, grazie agli artifici contabili adottati, le due società avrebbero potuto formalmente rispettare le norme imposte dalla Federazione Italiana Gioco Calcio ed ottenere così l’iscrizione ai campionati di serie A e B nelle ultime 4 stagioni sportive.

Le fiamme gialle poi vanno avanti spiegando che ai reati tributari si sommerebbero quelli di natura fallimentare che, peraltro, avevano portato la Procura della Repubblica di Forlì a richiederne il fallimento che è stato poi disposto nell’agosto del 2018. Numerose le distrazioni che sarebbero state ricostruite e poste in essere anche dallo stesso presidente del Cesena Calcio che, nei giorni caldi del luglio 2018, quando i tifosi erano in apprensione per le sorti della loro squadra, avrebbe poi continuato a farsi pagare fatture per operazioni inesistenti al solo fine di svuotare i conti della società, adottando accorgimenti per tutelare i propri beni personali in vista delle possibili azioni esecutive della magistratura.

Il provvedimento emesso è volto al recupero di somme complessive pari a: 3,7 milioni di euro nei confronti del Chievo Verona e del suo attuale presidente; 5,3 milioni circa nei confronti del Cesena Calcio e società satellite, oltre che del suo ex presidente e di altri 2 indagati.
 

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