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Interviste

Fondazione Arena, da fonte di debiti a fonte di reddito

I dipendenti si facciano carico degli onori, ma anche degli oneri, di gestione dell'anfiteatro

E di questi giorni la polemica sulla gestione del più grande teatro italiano che non avrebbe prodotti i risultati sperati. Ovviamente in tempi di crisi i risultati economici sono stati carenti in tutti i teatri e tutti i vari sovrintendenti si sono arrabattati per cercare soldi dallo Stato, che non ne ha e non ne dà (o non dovrebbe darli, giustamente). Un conto è questo, un conto è l’aspetto artistico, che solitamente non è sempre strettamente legato alla qualità artistica.


Credo che, se di questi tempi invitassero Ruby Rubacuori a fare la sua personalissima rappresentazione del Bunga bunga in teatro, il pienone sarebbe ottenuto. Ma questo non è fare cultura, al massimo spettacolo. E l’Arena spettacoli ne ha visti negli anni alcuni. Invece la qualità artistica si dovrebbe mantenere elevata con bravi e veri artisti che sono tali a prescindere dai cachet. Se si vuol chiamare la star di grido qualcuno deve farsi carico del ritorno economico. Mai del minimo vitale per il nostro corpo di ballo e per l’orchestra andrebbero tutelati perché essi rappresentano il fiore all’occhiello culturale della città.

Ciò detto, sarebbe ora che però i lavoratori, gli artisti, si assumessero anche delle responsabilità, sia dei successi che dei flop, e dovrebbero sapere, a Verona come in Italia che non si può spacciare tutto per cultura o avanguardia. Il personale dovrebbe avere voce significativa in campo artistico e amministrativo assumendosene le relative responsabilità. Posta una base di retribuzione sindacale dignitosa, in caso di successo agli stessi competerebbero parte degli introiti, diretti ed indiretti, ma in caso si insuccesso si troverebbero a percepire meno del minimo, dovendo rimborsare le perdite. Sono in grado di farlo?

E’ facile scagliarsi contro chi amministra dicendo che sperpera e che spande oltre il dovuto quando poi di fronte alle responsabilità si fugge. Chiedano le rappresentanze sindacali, ma prima ancora i lavoratori di investire parte del loro stipendio se credono nel progetto Fondazione Arena, la città già lo fa e il federalismo impone un controllo locale dei conti che con loro investimento diverrebbe tangibile, imponendo le dimissioni del sovrintendente se ha sbagliato stagione, ma anche degli orchestrali se hanno partecipato a deliberare, l’opera o gli eventi che sforano oltre una certa soglia il budget. Loro sono o dovrebbero essere i principali artefici dei successi areniani, ma anche degli insuccessi. Ora che la comunità si assuma per il ritorno di immagine che ha un carico finanziairo, nessuno lo nega, ma dato che la fondazione ha dei soci privati, anche i dipendenti, singoli od associati investino in essa, in fin dei conti, se non ci credono loro a quello che fanno, chi dovrebbe crederci?

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