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Alluvione, la rotta dell'Aldeg solo un ricordo

Il presidente del Veneto Luca Zaia: "occorrono opere strategiche di prevenzione del rischio"

Ormai solo le fotografie ricordano la rotta dell’Aldegà, che tanti danni causò l’1 novembre del 2010 e negli altri giorni della grande alluvione del Veneto dello scorso autunno.

Richiuderla, ripristinare l’argine a regola d’arte e sistemare gli altri acciacchi causati dall’acqua alle sponde del torrente è stato uno dei tanti impegni realizzati in questi mesi dal Genio Civile di Verona: un lavoro iniziato con l’affanno dell’assoluta emergenza, in una situazione quasi da tragedia, e terminato ormai da un mese.

Chi vi passa ora, vede solo il nuovo, impreziosito dalla primavera, e non immagina il disastro che c’era. L’intervento di somma urgenza per chiudere la falla apertasi sull’argine sinistro ebbe inizio il giorno stesso della rotta, l’1 novembre appunto, in una zona non accessibile, in quel momento e nei tempi che la distruzione richiedeva, da mezzi “terrestri” adeguati, comunque condizionati dalle dimensioni ridotte degli argini e delle altre vie d’accesso. Per questo fu necessario utilizzare l’elicottero per realizzare una prima chiusura provvisoria dell’argine, mediante ceste metalliche piene di sassi (burghe) e sacconi di sabbia (bigbag).

In ogni caso, anche per il completamento del ripristino della rotta sono utilizzati mezzi di trasporto di dimensioni contenute. Oltre alla ricostruzione dell’argine, l’intervento complessivo, del costo di mezzo milione di euro, ha riguardato il ripristino della sponda destra dell’Aldegà, in località San Vito nei Comuni di San Bonifacio e Monteforte d’Alpone nonché, nella stessa località, il ripristino di una erosione sulla sponda destra Chiampo.

Per realizzare gli interventi, sono stati impiegati, oltre all’elicottero, fino a quattro mezzi speciali, un Dumper cingolato, un battipalo, una betoniera, un rullo compattatore, un moto grader. Sono stati movimentati 3.800 metri cubi di terra argillosa, mille metri cubi di pietrame, 6 mila metri cubi di mistone stabilizzato, circa 500 metri cubi di pietrame e sabbia per le burghe e i bigbag e boiacca di cemento.

“Ad oggi – ha ricordato il presidente del Veneto Luca Zaia, commissario per il superamento dell’emergenza alluvione – sono un centinaio i cantieri già chiusi, realizzati per risistemare le devastazioni e rimettere in sicurezza le difesae idrauliche. Altri cento cantieri sono ancora aperti o hanno iniziato a lavorare, mentre una cinquantina di interventi attendono i necessari passaggi progettuali e di affidamento dei lavori. Vogliamo rendere il Veneto più sicuro, ma per questo non bastano i rattoppi e i miglioramenti dell’esistente: occorrono opere strategiche di prevenzione e mitigazione del rischio, per le quali abbiamo preparato un programma di attuazione che richiederà un investimento valutato attorno a 2,7 miliardi di euro”.

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