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Giovedì, 25 Aprile 2024
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La giustizia ai tempi della Serenissima: crudeli torture e pene corporali

I veronesi, infatti, si lamentavano dell'eccessiva severità delle leggi asburgiche, ma non è che prima, quando a governare era Venezia, la giustizia fosse più magnanima

È stato più volte dimostrato che le torture e la pena capitale non sono utili al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, eppure ancora oggi non sono pochi coloro che le invocano come punizioni per chi infrange la legge. Il fascino del patibolo sembra davvero senza tempo e se per i forcaioli dei giorni nostri si porta pazienza a fatica, per quelli del passato si può essere più indulgenti.

I veronesi, infatti, si lamentavano dell'eccessiva severità delle leggi asburgiche, ma non è che prima la giustizia fosse più magnanima. Quando Verona faceva parte della Repubblica di Venezia erano in vigore pene che non si possono non ritenere eccessive. 

Di eretici o streghe non ne furono arsi tanti, ma ci furono casi di roghi e quale palcoscenico migliore se non l'Arena per questo macabro spettacolo. Meno spettacolare ma pur sempre efficace la pena capitale in un altro simbolo della città, l'Adige. Diversi furono infatti coloro che con un bel masso legato al collo morirono annegati nel fiume dopo essere stati spinti da un ponte. Anche la decapitazione era uno strumento per eseguire le pene capitali. E le teste mozzate, come monito, venivano esposte in piazza Erbe.

Una particolare pena corporale veniva riservata ai falsari. A creatori di monete false veniva tagliato il naso. Ed era meglio non farsi scoprire se si vendeva una falsa testimonianza per denaro. La pena poteva essere il taglio della mano per gli uomini e il taglio della lingua per le donne.

E non dimentichiamoci che il nostro termine "galera" deriva proprio del nome delle barche che venivano spinte dai rematori che altro non erano che condannati al carcere.

Altre pene più lievi possono essere viste come delle penitenze, ma di sicuro non erano piacevoli. Chi non poteva pagare i propri debiti di gioco veniva tenuto fermo e la sua testa veniva immersa in una conca d'acqua per tre volte, senza però annegarlo. E attorno alla Colonna di San Marco di piazza Erbe venivano fatti correre i debitori e tutti potevano deriderli o punzecchiarli quando si fermavano per la stanchezza.

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