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Antiche storie veronesi: il peccatore sul letto morte e il crocifisso del prete

Una storiella tramandata nel veronese, che si racconta anche nel resto d'Italia, spesso sotto forma di barzelletta

Probabilmente sono tre le capacità più invidiate a chi sa raccontare le barzellette: la prima è l'affabulazione, e cioè quel particolare modo che hanno di raccontare queste storielle; tanto che chi non è in grado di raccontarle spesso le rovina. La seconda è la memoria, anche se non è importante ricordarsi proprio tutti i dettagli, i quali possono essere anche modificati o tralasciati senza che la storia perda il suo carico umoristo. E la terza è la creatività, quella genialità che permette la nascita delle barzellette, spesso partendo da fatti realmente accaduti, raccontati dai nonni ai nipoti, di generazione in generazione, fino a rendere indefinito il contesto storico e mantenendo solo il necessario.

Tutto questo preambolo per introdurre una storiella tramandata nel veronese e che si racconta anche nel resto dell'Italia, magari appunto sotto forma di barzelletta. È la storia di un vecchio peccatore, vissuto chissà quanto, che sul letto di morte riceve la visita del prete. Il curato si presenta in questa stanza buia solo con una candela accesa e un crocifisso e con l'intenzione di presentare al moribondo vizioso il conto dei suoi peccati.

Il parroco mostra il crocifisso al peccatore e dice: "Vedi le ferite sulla testa del Cristo? Sono stati i tuoi peccati. E vedi la ferita sul costato? Colpa delle tue mancanze. E i dolori per i chiodi alle mani e ai piedi? Sono stati i tuoi peccati a procurarli".

Per far vedere ancora meglio il crocifisso al peccatore, il curato avvicina la candela al Cristo e il moribondo subito: "No scotarlo co la candela, se no dopo el dise che son stà mi".

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