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Antiche usanze della campagna veronese: le ochéte di Santa Caterina

Sono dei pezzi di carne di oca stagionati in dei vasi di terracotta. Si possono chiamare così perché di solito l'oca si uccideva il 24 novembre, giorno di Santa Caterina d'Alessandria

I contadini non vanno mai in vacanza, neanche d'inverno quando l'attività sui campi solitamente si ferma. Non lo fanno ora, figuriamoci tanti anni fa, quando non c'erano tutti gli strumenti e le conoscenze di cui disponiamo ai giorni nostri. Non c'era infatti solo la terra da coltivare, c'erano anche gli animali da allevare e governare per poi poterli mangiare. Tra questi animali c'era l'oca. Non potendo disporre di grossi metodi per conservare i cibi, i contadini lavoravano le carni in modo tale da potersele mangiare anche a distanza di mesi. E con la carne dell'oca si facevano le ochéte.

Le ochéte erano pezzi di carne di oca, asciugati, salati e fatti stagionare in vasi di terracotta sotto le parti grasse della stessa oca precedentemente sciolte. Conservate in questo modo, le ochéte non solo si potevano mangiare anche in primavera, ma anzi era meglio se le si lasciava nei vasi per un po' di mesi, in modo da risultare ancora più gustose.

Si possono definire ochéte di Santa Caterina, perché la loro preparazione cominciava il 24 novembre, giorno in cui la chiesa ricorda Santa Caterina d'Alessandria e giorno in cui nelle campagne veronesi si uccideva l'oca.

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