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Piccole storie da un'antica Verona: Machiavelli e le prostitute in Arena

In una lettera datata 1509, l'autore de Il Principe racconta una sua avventura (o disavventura) con una prostituta, avvenuta molto probabilmente in un arcovolo dell'anfiteatro

Chi conosce superficialmente Niccolò Machiavelli lo collega principalmente alla sua opera più celebre, Il Principe, un trattato di dottrina politica, una sorta di guida su come dovrebbe essere il miglior capo di stato.

In pochi però conoscono un lato più privato e oscuro del Machiavelli uomo. Dalle sue lettere private emerge infatti la sua predilezione per i piaceri carnali, sia con donne che con uomini. E sempre in una sua lettera, datata 8 dicembre 1509, scritta a Verona, Machiavelli racconta al destinatario, Luigi Gucciardini, di una sua avventura erotica vissuta con una prostituta veronese.

L'astinenza dal sesso era tanta, racconta nella sua lettera Machiavelli, e per questo approfittò di una donna disponibile che viveva in una stanza buia, che quasi sicuramente era un arcovolo dell'Arena, unico luogo dove le meretrici potevano stare, per ordine di una disposizione datata 1276. Ed è veramente strano pensare che l'anfiteatro romano, simbolo ora di cultura, sia stato per secoli praticamente un bordello.

Tornando a Machiavelli, spinto dall'astinenza e aiutato dal buio, lo scrittore fiorentino si diede da fare con questa prostituta e solo al termine dell'amplesso, prese un tizzone dal focolare e guardò da vicino la donna. E la sorpresa non fu piacevole. Machiavelli descrive questa donna come brutta, vecchia, con la bocca storta e senza denti. L'alito le puzzava e sotto il naso aveva anche qualche baffetto.

Il finale della lettera e la descrizione quasi caricaturale della prostituta può far pensare che l'episodio sia stato inventato da Machiavelli, ma potrebbe anche essere tutto vero, visto il noto appetito sessuale dello scrittore.

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