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Uomini illustri della provincia di Verona: il filosofo Giuseppe Rensi

"Anche se tutti, io no". Questa la sua epigrafe che riassume una vita fatta di inquietudine e libertà intellettuale

"Anche se tutti, io no". Questo c'è scritto in latino sulla sua tomba nel cimitero monumentale di Genova, città dove insegnò filosofia morale all'università e dove morì il 14 febbraio 1941, quasi 70enne. Cinque parole (quattro in latino), che condensano nell'epigrafe una vita fatta d'inquietudine e libertà intellettuale, anche a costo di dover fuggire oppure perdere il posto di lavoro.

Giuseppe Rensi è nato a Villafranca di Verona nel 1871 e dopo il liceo ha iniziato gli studi a Padova, concludendoli però a Roma con la laurea in giurisprudenza. Rensi è stato filosofo, insegnante, avvocato, politico, polemista e giornalista. Una figura forse sottovalutata e che merita di essere riscoperta.

Iscritto al Partito Socialista, a 24 anni dirige il giornale La Lotta di Classe a Milano, città da cui dovrà scappare dopo i moti operai delle famose Quattro Giornate di Milano del 1898. Trova rifugio in Svizzera, dove conoscerà la moglie da cui avrà due figlie. Viene naturalizzato svizzero e sarà il primo deputato socialista del Canton Ticino.

In Svizzera rimane una decina d'anni e torna a Verona nel 1908. Apre il suo studio di avvocato e affianca l'attività filosofica a quella lavorativa. In politica invece rompe con il Partito Socialista per la sua posizione favorevole all'interventismo, prima nella guerra di Libia e successivamente nella Prima Guerra Mondiale. Nel frattempo pubblica saggi filosofici che gli aprono le porte dell'insegnamento universitario. Il suo però non sarà mai un vero e proprio ingresso nel mondo accademico. Il suo pensiero, mai di moda in vita, e il suo forte ateismo non gli hanno fatto guadagnare l'apprezzamento di molti suoi contemporanei e probabilmente anche per questo la sua figura è tutt'oggi sottovalutata.

Lo stesso Rensi, nell'analizzare il suo percorso filosofico, ammette un'evoluzione passata attraverso diversi cambiamenti. Il suo quindi non è stato un pensiero lineare e questo lo ha esposto ad accuse di incoerenza. Ma anche se cambiamenti ci sono stati, questi non sono stati dettati dall'opportunismo, come dimostra il suo rapporto con il fascismo. Rensi inizialmente vede con simpatia il movimento di Mussolini, ma quando prende il potere ne riconosce l'antidemocrazia e ne diventa fiero oppositore. C'è anche la sua firma nel Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce e questo gli costò la cattedra a Genova e anche il carcere. Questo però non fermo la sua produzione filosofica che continuò anche negli anni Trenta. Alcune opere poi furono pubblicate anche postume. 

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