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Lunedì, 29 Aprile 2024
Salute

Tumore del collo dell’utero, oltre 320 mila donne invitate allo screening in un anno

Si tratta del quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni di età e rappresenta complessivamente l’1,3% di tutti quelli diagnosticati: la probabilità di guarire dopo la diagnosi in Italia è pari a circa il 64%

«Gli screening hanno dimostrato nel tempo di essere uno strumento fondamentale per individuare in fase precoce i tumori e consentire quindi cure tempestive e mirate, con possibilità di guarigione sempre più elevate. Un’arma che ha trovato un'adesione da parte delle donne sempre crescente, a dimostrarne la validità. Lo screening per il tumore del collo dell’utero rappresenta un’attività consolidata per tutte le nove aziende sanitarie della Regione del Veneto e raggiunge ottimi standard qualitativi. Il 2021 ha visto un’importante azione di riorganizzazione dell’attività dei programmi di screening per recuperare i ritardi legati al periodo pandemico, che ci ha obbligati a rimodulare le offerte, così da riportare l’estensione e l’adesione ai livelli pre Covid. Una adesione legata a campagne mirate di sensibilizzazione e a percorsi che hanno aiutato le donne a scegliere le giuste strade». Così commenta l’assessore regionale alla Sanità e alle Politiche Sociali, Manuela Lorenzin, i più recenti dati relativi degli screening al Tumore del collo dell’utero.

In Italia, il tumore del collo dell’utero rappresenta il quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni di età e complessivamente l’1,3% di tutti quelli diagnosticati. La probabilità di guarire dopo una diagnosi di tumore del collo dell’utero in Italia è pari a circa il 64%. Lo screening del tumore del collo dell’utero ha lo scopo di favorire la diagnosi precoce dei tumori e delle lesioni che potrebbero evolvere in tumore (lesioni pretumorali). Motivo per cui aderire alle campagne di screening diventa un percorso assolutamente consigliato.

Nel 2021 sono state invitate a screening un totale di 323.304 donne, di cui si sono sottoposte a un esame di primo livello 169.066 donne; il 13% ha eseguito un Pap-test ed il restante 87% un test HPV-DNA. Le donne sottoposte ad approfondimento immediato per Pap-test positivo (o richiamate ad 1 anno per persistenza dell’infezione da HPV) sono state complessivamente 5.697.
Il tasso di positività nelle donne al primo esame con test HPV-DNA si attesta all’8,6%, mentre le donne già sottoposte a screening che avevano già partecipato a precedenti round con test HPV-DNA presentano un tasso di positività per HPV pari a 3,9%. Il tasso di positività sul totale delle donne sottoposte a test HPV-DNA è del 6%, in calo rispetto al dato del 2020 (7,2%) e del 2019 (7,4%).

«La Regione del Veneto dal 2021, in linea con le indicazioni contenute nel Piano nazionale di Prevenzione 2020-2025, che pone particolare attenzione all’integrazione tra la prevenzione primaria e secondaria, ha rimodulato l’offerta di screening con la seguente modalità: offerta di un Pap-test con cadenza triennale alle donne in età compresa tra i 25 e i 29 anni non vaccinate contro il Papilloma Virus - aggiunge l’assessore –. A questo si aggiunge il posticipo dell’ingresso nello screening al compimento del trentesimo anno di età per le donne che hanno eseguito la vaccinazione HPV entro il quindicesimo anno di età in quanto le evidenze scientifiche hanno dimostrato per queste donne un rischio molto ridotto di sviluppare tumori o lesioni pretumorali; offerta del test HPV-DNA a tutte le donne tra i 30 e i 64 anni con cadenza quinquennale. Il 2021 ha visto un forte impegno da parte di tutte le Ulss per riportare l’attività ai livelli di estensione e adesione ottimali, recuperando i ritardi accumulati in seguito alla pandemia da Covid 19».

L’implementazione del nuovo protocollo per le giovani donne (25-29 anni), ha richiesto adeguamenti sia sul piano organizzativo sia su quello comunicativo rivolto alla popolazione generale, alle donne interessate dal cambiamento e a tutti gli operatori sanitari coinvolti.

«La diminuzione del tasso di positività, verosimilmente legato alla maggior presenza di donne che già si sono sottoposte allo screening con test HPV, ha un riflesso positivo sul calo a breve termine del carico di attività dei centri di secondo livello per i primi approfondimenti; questa riduzione potrebbe riflettersi in futuro anche sul volume dei follow up – spiega l’assessore -. Relativamente agli approfondimenti di secondo livello rimane su livelli ottimali il tasso di adesione alle colposcopie dimostrando la fiducia accordata dagli utenti ai programmi di screening, anche se permangono delle criticità in alcune aziende legate soprattutto ai tempi di offerta degli approfondimenti. È un percorso che come Regione intendiamo perseguire ed implementare per allargare maggiormente il numero delle donne che aderiscono allo screening».

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