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Domenica, 28 Aprile 2024
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Dà alla luce una bambina 15 anni dopo la malattia, grazie al reimpianto del tessuto ovarico

Si tratta della prima bimba nata a Verona con questa tecnica. La donna aveva scoperto a 21 anni di essere ammalata di Sarcoma di Ewing e che avrebbe perso la propria capacità riproduttiva per effetto delle chemioterapie

La bambina è nata il mese scorso e sta bene. Il parto è stata la conclusione felice della storia personale di una mamma veronese che, in età adolescenziale, si è ammalata di Sarcoma di Ewing e per effetto delle chemioterapie avrebbe irrimediabilmente perso la capacità riproduttiva.
Invece, dopo 15 anni, quella donna ha avuto il reimpianto del tessuto ovarico che le era stato prelevato prima delle terapie e crioconservato. Oggi, la piccola Marta (nome di fantasia) è la prima bambina nata a Verona con una gravidanza ottenuta attraverso il reimpianto del tessuto ovarico.

La storia

La piccola Marta è venuta alla luce con parto spontaneo, spiegano da Aoui. La mamma, 36 anni, aveva scoperto a 21 anni di essere ammalata per cui avrebbe dovuto eseguire terapie gonadotossiche. All’epoca, 15 anni fa, la paziente si era rivolta agli specialisti del Policlinico Sant’Orsola di Bologna che l’hanno incoraggiata a intraprendere il percorso di preservazione della fertilità, con l’asportazione del tessuto ovarico per congelarlo e conservarlo in azoto liquido. Dopo 15 anni, quando ormai era considerata una ex paziente oncologica, la signora si è rivolta al Centro di PMA dell’Aoui di Verona per essere presa in carico con la fecondazione in vitro e essere seguita nella stimolazione del tessuto ovarico reimpiantato.

La procreazione medicalmente assistita

Il lieto fine della storia è stata una vicenda clinica che ha coinvolto molti professionisti Aoui. Nella fase recente, quella della gestazione, sono stati i ginecologi del Centro aziendale di PMA, dove è attivo il Servizio di Oncofertilità per la presa in carico da parte di medici oncologi e medici della riproduzione delle donne con diagnosi oncologiche in età riproduttiva. Nel caso della neomamma, la stimolazione del tessuto ovarico reimpiantato ha portato allo sviluppo di un solo follicolo che è stato recuperato e inseminato, ottenendo un embrione. La fecondazione assistita in vitro è stata eseguita con tecnica ICSI. Da questo processo in poi tutto è andato bene: test di gravidanza positivo, decorso regolare, parto spontaneo e la nascita di una bimba sana. Solitamente, per arrivare all’esito positivo sono necessari 10/15 ovociti, per questa mamma veronese ne è bastato solo uno. Al mondo, finora, sono state registrate più di 130 nascite avvenute grazie a questa procedura. Un risultato che incoraggia le donne che si ammalano di cancro in età fertile a non rinunciare al sogno della maternità, dopo la guarigione. Le probabilità di concludere con successo una gravidanza dopo il reimpianto di tessuto ovarico crioconservato arrivano al 40%.
La tecnica più utilizzata per la preservazione della fertilità dopo le terapie oncologiche è la crioconservazione degli ovociti. Ma in questo caso è stato necessario ricorrere al trapianto di tessuto ovarico perché per la paziente non sarebbe stato possibile sottoporsi a stimolazione ovarica.

Tecniche di preservazione della fertilità

Si stima che una donna su 49 svilupperà un cancro tra la nascita e i 39 anni, per questo la preservazione della fertilità è un fattore importante. In Aoui questo viene garantito da tempo con la crioconservazione degli ovociti prelevati nel caso di ragazze mestruate che possono fare la stimolazione ovarica (dal 2014 ad oggi già fatte 121 crioconservazioni per patologie tumorali). Da un anno, con l’arrivo del professor Stefano Uccella, è stata avviata anche la tecnica più innovativa del prelievo del tessuto ovarico e il successivo reimpianto per le bambine prepubere o per le ragazze che devono avere cure oncologiche rapidamente e non possono aspettare i tempi della stimolazione ovarica. Finora sono stati fatti 4 interventi di prelievo, due per patologie oncoematologiche in bambine prepubere e due per altre neoplasie. Gli interventi vengono fatti in mini-laparoscopia, non invasivi, che richiedono pochi giorni di degenza e che permettono di riprendere velocemente le altre terapie. Si tratta di un intervento complesso con strumentazione molto piccola (calibro 3,7 mm/ 4 mm) per non compromettere l’intero organo. Ai genitori delle piccole pazienti seguite in Oncoematologia pediatrica, diretta dal dottor Simone Cesaro, viene proposta dall’équipe la possibilità di preservare la fertilità della figlia.

Crioconservazione

Dopo il prelievo in sala operatoria di un frammento di corticale ovarica (la parte più superficiale più esterna dell'ovaio), in laboratorio si effettua la lavorazione del tessuto nel ghiaccio. Viene separata la parte midollare dell'ovaio e si fa la dissezione lasciando solo la parte corticale dove ci sono i follicoli primordiali. Il tessuto viene poi tagliato in piccoli frammenti millimetrici, piccolini e sottili in modo che possano essere facilmente penetranti dai crioprotettori. I follicoli primordiali sono più resistenti rispetto agli ovociti e vengono congelati all'interno di uno strumento con una curva di congelamento programmata. Questa la metodica è più standardizzata e provata in letteratura per il congelamento. 

Il convegno di marzo

"La salute riproduttiva: prevenzione, presentazione e cura" è il titolo del convegno che, il 21 e 22 marzo, porterà a Verona i maggiori esperti italiani. Al Polo Zanotto si confronteranno gli specialisti su un tema tanto attuale dal momento che il desiderio di gravidanza attualmente non coincide con un’età della popolazione in cui la capacità riproduttiva è massima. Servono quindi servizi di diagnosi e trattamento dell’infertilità, la possibilità di utilizzare le migliori tecniche di procreazione medicalmente assistita accettabili in termini temporali ed economici, ma anche la preservazione in presenza di patologie che rappresentano un rischio concreto della capacità riproduttiva. La genitorialità analizzata in tutti i suoi aspetti con competenze professionali ed etiche mirate può essere accettata dalla popolazione che ha subito una perdita irreversibile dei propri gameti così da poter utilizzare le tecniche di procreazione assistita eterologa attraverso un percorso consapevole e definito.

Conferenza stampa e commenti

La vicenda è stata presentata nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato: il dottor Callisto Marco Bravi, direttore generale Aoui Verona; la dottoressa Matilde Carlucci, direttore sanitario; il professor Massimo Franchi, direttore dipartimento Materno-Infantile; il dottor Guglielmo Ragusa, direttore Centro Procreazione Medicalmente Assistita; la dottoressa Rossana Di Paola, medico ginecologo specialista in oncofertilità; il dottor Simone Cesaro, direttore UOC Oncoematologia Pediatrica; il professor Stefano Uccella, medico ginecologo; e la dottoressa Demelza Bettin, biologo.

Da sinistra Di Paola, Uccella, Bettin, Franchi, Bravi, Carlucci, Ragusa e Cesaro-2

Callisto Bravi, dg di Aoui, ha commentato: «Questa vicenda narra perfettamente come agisce il nostro ospedale. Che significa gestione multidisciplinare del paziente in una struttura all’avanguardia anche dal punto di vista strumentale e con professionisti di eccellenza nei rispettivi settori. Sono questi i fattori grazie ai quali l’Azienda ospedaliera universitaria di Verona è ai primi posti in Italia nella classifica di qualità e fra i 250 migliori ospedali al mondo. La medicina deve sempre andare avanti e, con l’impegno in questo preciso campo, noi stiamo attivamente lavorando per fare dell’Italia un paese per giovani».

«Oggi Verona fa un altro passo avanti verso l’eccellenza - ha aggiunto il professor Franchi -. È una giornata importante di grande soddisfazione per il Dipartimento che dirigo, per l’Azienda ospedaliera e per l’università. Il servizio pubblico, quindi gratuitamente, mette a disposizione questa équipe per questa nuova specialità che si chiama onco- fertilità. Il mio Dipartimento è arrivato a questo risultato partendo da lontano, ma oggi credo che possiamo dare veramente il meglio di quello che si può ottenere in Europa. Trattiamo da decenni le pazienti affette da tumori ginecologici. Il salto di qualità è stato quello di associare al nostro lavoro di ginecologi-oncologi, quello dei medici della riproduzione, della chirurgia ginecologica oncologica e di biologi competenti. Questo dà ai genitori delle pazienti un senso immediato di sicurezza».

La dottoressa Di Paola ha aggiunto: «Questo è il caso del primo parto a Verona dopo il reimpianto di tessuto ovarico in una mamma di 36 anni che, all'età di 21, aveva avuto una diagnosi di una malattia tumorale con trattamenti chemioterapici. Dopo quindici anni la donna, ormai in remissione dalla malattia, ha avuto il reimpianto del tessuto. Questo tessuto ha iniziato a lavorare in maniera autonoma ma la gravidanza non è avvenuta in maniera spontanea e quindi siamo intervenuti con il nostro centro di Procreazione medicalmente assistita. Con la stimolazione farmacologica c’è stata la produzione di un solo follicolo da cui è stato aspirato un solo ovocita, che è stato inseminato generando un embrione trasferito in utero. È andato tutto bene con una gravidanza fisiologica, un patto spontaneo e la nascita e una bimba sana. Solitamente c'è bisogno di almeno 10/15 ovociti, il che dimostra l'efficacia della tecnica e la buona qualità dei materiali conservati. È il primo caso in Veneto di gravidanza ottenuta con reimpianto di tessuto ovarico e successiva fecondazione assistita con tecnica ICSI».

«Per il prelievo dobbiamo essere estremamente delicati, nelle bambine ovaio e utero sono piccolissimi e dobbiamo evitare di rovinare l’organo che, dopo la chemioterapia, potrebbe tornare a funzionare - ha spiegato il professor Uccella -. Non ci sono tanti centri in Italia che lo fanno, sia per una questione di competenza chirurgica sia perché ci vuole una squadra con altre professionalità che è presente in 6/7 centri in Italia, ospedali pubblici quindi totalmente gratuiti. L’aspetto toccante è il colloquio con queste bambine intorno ai dieci anni della possibilità di diventare mamma, un tema sul quale nessuna si è tirata indietro e tutte hanno voluto mantenersi questa possibilità».

«L'80% dei nostri pazienti guarisce, ma la perdita della capacità riproduttiva può avvenire anche come effetto collaterale nel lungo termine con dosaggi importanti di alcuni chemioterapici. Per questo, stiamo lavorando con l'ambulatorio della riproduzione medicalmente assistita, le bambine vengono valutate per eventuali tecniche di preservazione: prelievo di tessuto ovarico, oppure crioconservazione e raccolta degli ovociti se si tratta di adolescenti già mestruate. Il caso che è stato descritto stamattina rappresenta il futuro per tutte le donne guarite da tumori in età pediatrica/adolescenziale. È molto importante perché, da una nostra indagine su un campione di 53 pazienti guarite da più di dieci anni, il problema della fertilità è molto sentito. Per questo offriamo questa possibilità ad ogni nostra diagnosi e nelle pazienti che sono state trattate negli anni passati facciamo attività di follow up per individuare se effettivamente sono a rischio di perdere la fertilità», ha infine concluso il dottor Cesaro.

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