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Intelligenza artificiale aiuta medici a trovare migliore terapia contro i tumori

Durante il congresso internazionale di chirurgia oncologica del retto organizzato alla Biblioteca Capitolare dall'ospedale di Negrar si è parlato anche di radiomica e di altre tecnologie

Si chiama radiomica ed è il termine che indica l’impiego anche dell’intelligenza artificiale per elaborare la quantità enorme di dati prodotti dalle tecnologie di diagnostica, come tac e risonanza magnetica, che vanno oltre alle classiche immagini, al fine di ricavare informazioni in grado di predire se un tumore possa rispondere o meno a una determinata terapia. E ciò significa, per il paziente, accedere da subito al trattamento più indicato: chirurgia, chemioterapia o radioterapia.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione in campo diagnostico, di cui si è parlato nel corso del congresso internazionale di chirurgia oncologica del retto che si è tenuto ieri, 23 giugno, alla Biblioteca Capitolare di Verona, e organizzato dal reparto di chirurgia generale dell'ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar diretto dal dottor Giacomo Ruffo.
Sulla radiomica sono già in corso esperienze anche in Italia e la disciplina applicata alla chirurgia sarà oggetto di un dottorato di ricerca nato dalla collaborazione tra l'ospedale Sacro Cuore e l'università di Verona.

Il congresso, il quinto dal 2016 e il primo dopo lo stop dovuto alla pandemia, ha visto i maggiori chirurghi del retto italiani ed europei a confronto sulle nuove frontiere tecnologiche applicate alla chirurgia, come, appunto, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e virtuale e il metaverso.
Tra i relatori, il professor Sergio Alfieri, che da poco ha operato Papa Francesco e il cui centro detiene la più alta casistica italiana di interventi al colon-retto. Oltre ad Alfieri anche i rappresentanti delle più importanti scuole europee di chirurgia laparoscopica colo-rettale e di trattamento dei tumori del retto con tecnica trans-anale e i presidenti della società italiana di chirurgia e dell'associazione chirurghi ospedalieri.

Dr. Giacomo Ruffo e prof. Sergio Alfieri

Il tumore del retto, che colpisce l’ultimo tratto dell’apparato digerente e gastrointestinale, è una delle neoplasie più diffuse in Occidente. In Italia nel 2022 si sono registrare circa 14mila nuove diagnosi e la percentuale di sopravvivenza dopo 5 anni è di oltre il 60%. Un dato, quest’ultimo, raggiunto grazie all’estensione dei programmi di screening, all’evolversi delle tecniche chirurgiche, unitamente all’aumento delle conoscenze sulle caratteristiche molecolari e genetiche dei tumori e all’applicazione di nuove terapie mediche e radioterapiche. «Da sempre il mondo della chirurgia del retto è un campo di innovazione tecnologica per merito della quale oggi possiamo parlare di chirurgia su misura - ha spiegato il dottor Ruffo - Disponiamo cioè di metodiche chirurgiche differenti adatte per ogni stadio e localizzazione di malattia. Dall’asportazione trans-rettale dei tumori allo stadio più precoce alla rimozione del retto e dei linfonodi circostanti, tramite laparoscopia e robotica, nel caso di malattia più estesa e a rischio di recidiva. Anche per le neoplasie localmente più avanzate, la chirurgia trova comunque indicazione come cura, e non solo con finalità palliativa».

Oggi la chirurgia si trova di fronte alle nuove sfide dell’ultima frontiera tecnologica, in primis l’intelligenza artificiale, ma non solo. «Il chirurgo alla tecnologia ha sempre chiesto di fornirgli strumenti per aumentare ulteriormente l’efficacia del suo operato - ha precisato Ruffo - L’evoluzione tecnologica attuale rappresenta un’enorme opportunità, non solo nell’ambito diagnostico con la radiomica e la genomica, ma anche a supporto dell’analisi sui rischi e benefici di un intervento o di una determinata procedura chirurgica. Molto spesso ci troviamo di fronte a pazienti con anatomie molto complesse: i modelli 3D ci aiutano a ricostruire esattamente, prima di entrare in sala operatoria, l’anatomia del paziente e il rapporto della lesione tumorale con gli organi circostanti a vantaggio di una maggior precisione e radicalità dell’intervento. Il metaverso, dove mondo reale e virtuale si incontrano, si prospetta come l’ambiente ideale dove i chirurghi possono applicare nuove procedure prima di applicarle sul paziente oppure dove due chirurghi a distanza possono condurre un intervento come se fossero nella stessa stanza».

Ma naturalmente la tecnologia, seppur sempre più sofisticata, resta a servizio del chirurgo al quale non può mai sostituirsi. «È in atto un fermento di studi scientifici per testare su ampia scala l’efficacia, il valore aggiunto rispetto alle precedenti pratiche, i lati critici e la sostenibilità economica di queste nuove tecnologie - ha concluso il primario di Negrar - Tuttavia in sala operatoria l’attore principale resta sempre il chirurgo, al quale spetta sempre l’interpretazione delle informazioni ricevute dai vari supporti tecnologici».

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