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Pfas e gravidanza, Guarda: «Serve un aiuto concreto a donne e bambini»

A chiederlo è la consigliera regionale Cristina Guarda, alla luce delle ricerche del gruppo dell'università di Padova del professor Carlo Foresta, che ha scoperto interferenze dei Pfas con il sistema riproduttivo maschile e femminile

Vedremo se dopo esser stata cieca e sorda a quattro anni di denunce in consiglio regionale e a sette anni di cittadinanza attiva, la giunta leghista prenderà finalmente sul serio le conseguenze dei Pfas sulla fertilità femminile e sullo sviluppo dei bambini. Auspichiamo che il dottor Carlo Foresta venga davvero ascoltato, o avremmo l'ennesima conferma dell'inconsistenza di questa maggioranza, assente sul versante della prevenzione alla salute e della responsabilità politica.

È dura la consigliera regionale Cristina Guarda nel chiedere che la giunta guidata dal presidente Luca Zaia ascolti i risultati ottenuti dagli studi dell'equipe dell'università di Padova, diretta dal professor Carlo Foresta, la quale ha portato alla luce le interferenze tra i Pfas e il sistema riproduttivo degli uomini e delle donne, scoprendo una correlazione tra l'infertilità maschile e femminile con la azione dei Pfas all'interno del corpo umano. Inoltre, sempre il gruppo di ricerca coordinato dal dottor Foresta ha scoperto che i Pfas interferiscono anche con i ricettori della vitamina D e questo potrebbe suggerire un ruolo dei Pfas nell'insorgenza di alcune malattie delle ossa, come l'osteoporosi.

Da tempo chiediamo un'azione davvero incisiva - ha proseguito Guarda - Già dal 2016 in consiglio regionale proponevo il divieto di consumo di acqua inquinata per donne in gravidanza e bambini, prevedendo in loro supporto forniture straordinarie di acqua in bottiglia o priva di Pfas e mi venne detto di no. Nel 2017, in commissione straordinaria Pfas, l'avvocato Billot ci confermò che Dupont fin dagli anni '70 aveva documenti accertanti i danni causati dai Pfas a mamme e neonati. Ma ancora niente. Fino a qualche mese fa, insieme ai medici Isde e altri professionisti, ho continuato a ribadire la necessità di sperimentare la plasmaferesi con gruppi ben definiti di cittadini, in primis giovani donne che pianificano una maternità, per prevenire il trasferimento dei Pfas al bambino: non ricevemmo alcuna risposta. Stessa sorte per la richiesta di un'indagine epidemiologica su neonati e mamme delle zone rossa e arancio.

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