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I ministri veronesi non riescono a governare

A 20 anni di distanza da Fontana, Brancher esce di scena. Ma altri potrebbero subentrare

“Si faccia da parte”, “faccia un passo indietro”, “dia le dimissioni per il bene del Governo”. Erano gli inviti giunti numerosi e sentiti in queste ore al veronese Aldo Brancher da parte di rivali politici dell’opposizione, ma anche, e di questo, si dice, ci sia rimasto molto male, di amici della coalizione: dai finiani, alla Boniver, a Rotondi, passando per la Russa. Inviti importanti, ma non sufficienti a fargli prendere la sofferta decisione. Alla fine, è arrivato però l’invito al quale era impossibile dire di no, quello di Berlusconi. E Aldo ha così alla fine accettato, ha dato le dimissioni dal ministero del Decentramento e della Sussidiarietà (per poche ore è stato anche Ministro del Federalismo, ndr) dopo neanche due settimane di Governo.

Brancher lascia un dicastero che probabilmente non era il suo, non lo è mai stato, il ministero del “nulla”, come qualcuno lo ha definito. Per l’ex manager di Publitalia era stata, infatti, pensata dal “triumvirato” Berlusconi-Bossi-Tremonti un’altra poltrona, quella dell’Agricoltura con conseguente trasloco di Giancarlo Galan al ministero lasciato vacante da Scajola, ovvero quello dello Sviluppo economico. Poi qualcosa è andato storto e Brancher si è così ritrovato accerchiato anche dal fuoco amico, da un lato per la “leggerezza” delle sue deleghe governative (quali?) e dall’altro per la vicenda del processo Antonveneta, che lo vede coinvolto in prima persona e per la spregiudicata mossa del legittimo impedimento.

Probabilmente se fosse andato a fare il ministro delle “mozzarelle” poco sarebbe cambiato, ma forse l’operazione che ha visto protagonista Brancher della governante ministeriale più corta della storia della Repubblica italiana avrebbe avuto un sapore diverso. “Ghe pensi mi”, aveva detto il Premier due giorni fa e così è stato. Il fedele amico veronese sacrificato sull’altare del Governo. Era dal 1992 che Verona non aveva un suo cittadino ministro, l’ultimo fu l’ex “forzanovista” (così erano chiamati all’epoca gli appartenenti alla corrente di sinistra della Democrazia Cristiana) Gianni Fontana. Anche in quel caso l’avventura ministeriale scaligera durò poco. Nominato nell’allora Governo Amato, il veronese fu nominato ministro e rimase in carica neanche un anno.

Anche 20 anni fa come oggi ad essere “d’intralcio” alla carriera politica governativa di Fontana fu la giustizia. Erano gli anni di tangentopoli. Ma tant’è, anche Brancher non è più ministro e adesso si parla con insistenza di un mini rimpasto che potrebbe vedere protagonisti alcuni noti esponenti della scena politica veronese. Insomma, per un veronese che va, uno se non addirittura due potrebbero arrivare alla corte di Berlusconi. E attenzione, parliamo di ruoli importanti, decisivi per le sorti politiche del Governo, vale a dire il ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Agricoltura. Il rebus è complicato, e non sarà facile trovare la quadra.

Indiscrezioni provenienti da Roma danno però il presidente dei senatori Federico Bricolo, uomo vicinissimo al leader della Lega Nord Umberto Bossi, in rotta di avvicinamento verso il dicastero di Galan, con quest’ultimo finalmente dirottato allo Sviluppo economico. Questo il piano segreto dei padani. Ci riusciranno? Altro nome veronese che circola da tempo è quello dell’ingegnere veronese Massimo Sarmi, attuale amministratore delegato di Poste Italiane. Per lui sarebbe pronta la stanza dei bottoni dello Sviluppo economico (in quel caso chiaramente Galan rimarrebbe all’Agricoltura). E non è finita qui, se veramente il rimpasto si farà, potrebbe riguardare anche l’allargamento all’Udc di Casini della compagine governativa. E se qualche veronese o padovano ci stesse facendo un pensierino? E infine, siamo sicuri che il ministero della Sanità rimarrà nelle mani del Pdl?

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