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Draghi presidente, Confcommercio: «Scelta giusta». Flavio Tosi: «Centrodestra lo appoggi»

Paolo Arena: «Speriamo sia l'occasione per la politica di riscattarsi». L'ex sindaco di Verona Flavio Tosi: «Spero che anche Salvini possa convincersi della soluzione Draghi»

L'effetto Draghi sui mercati già si è fatto sentire con il calo dello spread, ma anche il mondo economico e delle imprese a livello locale nel Veronese non ha mancato di sottolineare il proprio favore alla possibililtà che l'ex presidente della Bce si ponga alla guida del Paese. Il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi quest'oggi, giovedì 4 febbraio, avvierà le consultazioni con i partiti che compongono il parlamento, cercando di ottenere da loro la fiducia indispensabile per la nascita del nuovo governo. Una strada tutt'altro che semplice in realtà, poiché la composizione attuale del parlamento vede sia alla Camera che al Senato una forte presenza del Movimento 5 Stelle, da un lato, e dall'altro della Lega. Due partiti che, pur per ragioni diverse, non è affatto scontato scelgano di appoggiare l'ipotetico governo Draghi. 

Confcommercio Verona: «Draghi è la scelta giusta»

Sulla figura di Mario Draghi fa sapere di puntare con fiducia il mondo economico veronese. Il presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena spiega che si tratta di una «scelta che molti si aspettavano», aggiungendo poi un invito ai partiti: «Speriamo sia l'occasione perché una politica responsabile possa riscattarsi». Lo stesso presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena aggiunge: «La priorità deve essere la salute, serve immediatamente un piano vaccinale. Sul piano sociale rischia di esplodere da un momento all'altro una bomba: la crisi diventa più acuta giorno dopo giorno e guardiamo con grande preoccupazione al 31 marzo, quando cesserà il blocco dei licenziamenti. Il terzo pilastro, quello economico - conclude Paolo Arena - andrà affrontato con un confronto vero tra governo e rappresentanti dell'imprenditoria italiana: noi i nostri piani li abbiamo presentati da tempo ma abbiamo sempre avuto dall'altra parte interlocutori che sembravano non comprendere la gravità della situazione».

Le dichiarazioni di Mario Draghi al Quirinale

L'ex sindaco Tosi: «Centrodestra sostenga convintamente Draghi»

Anche l'ex primo cittadino scaligero Flavio Tosi non ha dubbi in merito all'ipotesi di sostenere il nascente governo guidato dall'ex presidente Bce: «Con Draghi il segnale è chiaro: basta assistenzialismo e bonus a pioggia, basta sprechi di denaro pubblico. Ci sono 209 miliardi di fondi europei da gestire, Draghi saprà mettere benzina nel serbatoio dell’Italia produttiva, cioè imprese, attività economiche e i loro lavoratori. Per questo, - prosegue Flavio Tosi - mi auguro che il centrodestra più concreto e pragmatico voglia entrare nella partita e sostenga convintamente Draghi, per un governo della crescita, dello sviluppo e degli investimenti. In questo senso Berlusconi, parlando nei giorni scorsi di "governo dei migliori", ha confermato di avere visione, come Giorgetti e Zaia che rappresentano quella Lega che parla al mondo dell'impresa e del lavoro. Ma spero che anche Salvini possa convincersi della soluzione Draghi e non rincorra le istanze più sovraniste. Restare a guardare, - conclude Flavio Tosi - significa rimanere schiacciati nella morsa della sinistra e dei 5 Stelle più statalisti».

Le divisioni nel centrodestra

A discapito dei desiderata di Flavio Tosi, va invece detto che la situazione è molto complessa nel campo di Forza Italia-Lega-FdI. Il centrodestra ha fatto sapere di voler esprimere una «posizione unitaria», ma è evidente la distanza siderale tra le dichiarazioni di Giorgia Meloni («FdI non appoggerà mai Mario Draghi») e quelle di Antonio Tajani («Incarico a Draghi è incarico ad una persona di altissimo profilo»), o persino quelle di Matteo Salvini («Siamo persone educate, andremo ad ascoltare cos'ha da dirci e valuteremo il da farsi»).

In sintesi: Forza Italia, in larghissima parte, vorrebbe appoggiare Draghi votando "sì" alla fiducia, FdI al massimo propone un'astensione benevola, mentre la Lega sostiene di voler valutare nel merito le proposte e poi decidere, di fatto temendo che appoggiare Draghi esplicitamente costi in termini di "consenso" popolare a vantaggio proprio del partito di Giorgia Meloni. Quale possa essere una «posizione unitaria» per tutto il centrodestra è finora, con ogni evidenza, assai arduo da prevedere.

Le divisioni nel Movimento 5 Stelle

Qualcuno ieri scriveva, al culmine della partigianeria giornalistica, che il M5S finirà con il ricompattarsi all'opposizione e alla fine da questa situazione avrà solo di che avvantaggiarsi. In realtà le cose sono assai diverse e come invece ha sostenuto sempre ieri qualcun altro, con toni un po' più obiettivi per quanto iperbolici, il Movimento è così diviso al suo interno che ormai da ciascuna delle sue stelle potrebbe derivare un partito. La figura di Mario Draghi è chiaramente divisiva per chi si è sempre dichiarato anti-establishment, ma il problema è che proprio con il partito più chiaramente espressione dell'establishment i grillini hanno governato fino all'altro ieri, e cioè il Partito democratico. Riscoprire oggi la propria originaria natura da "Vaffa-Day" per i grillini, oltre che forse un po' ipocrita, rischia pure di essere molto controproducente: un conto è chiamarsi Di Battista, un altro Di Maio. Se sei ministro degli Esteri sei l'establishment, c'è poco da fare. La politica dell'opposizione mentre hai un mandato elettorale del 33% che ti dice chiaro e tondo «devi governare», fa onestamente un po' sorridere.

Non a caso, l'àncora di salvezza per i 5 Stelle si chiama oggi ancora Pd, o meglio Zingaretti che, proprio ieri, ha cercato di far capire al Movimento una cosa molto semplice: oggi nella scelta di appoggiare Draghi ne va non tanto e non solo del presente, ma del futuro di tutto quel campo "progressista" del centrosinistra che si vuole politicamente alternativo al centrodestra. In sostanza, ha detto Zingaretti al M5S, dire di "no" a Draghi significherebbe darla vinta a Matteo Renzi, il cui vero obiettivo, oltre che rimuovere Giuseppe Conte, era appunto quello di rompere l'alleanza Pd-M5S-Leu con un progetto "rottamatore" che guarda già alle prossime elezioni.

Zingaretti che avrà certamente tanti difetti, ma è molto lucido e tatticamente accorto non meno di Renzi, in queste ore difficili sta provando a spiegare ai grillini che l'orizzonte politico di domani si decide oggi: se il governo Draghi nascesse con l'appoggio dell'ex maggioranza, Renzi finirebbe messo all'angolo (ci provi a staccare la spina pure a Draghi!) e ad entrare in crisi sarebbe così il centrodestra (Forza Italia all'opposizione di Draghi, oppure in maggioranza coi grillini?); viceversa, se il governo Draghi trovasse l'appoggio di Pd e Forza Italia più la Lega, ad entrare in crisi sarebbe il centrosinistra, o meglio, proprio l'alleanza M5S-Pd-Leu e Renzi avrebbe infine comunque ottenuto entrambi gli obiettivi del suo progetto originario. Certo, in alternativa ci sono pur sempre le elezioni anticipate, ma in realtà nessuno le vuole davvero tranne forse la sola Giorgia Meloni, tanto è vero che Di Maio, proprio ieri dopo un lungo ed eloquente silenzio, alla fine ha poi aperto una porticina a Draghi, parlando però di un governo "politico": l'anti-establishment che si riscopre desideroso di establishment, nulla di più normale in politica.

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