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Cosa fare a Verona e provincia durante il weekend dal 17 al 19 aprile 2020

I nostri consigli su come trascorrere il vostro fine settimana

Restare a casa (senza paura).

«La casa è un inferno», il che detto da un filosofo suona un po’ come, allo stesso tempo, il diritto e il rovescio della più celebre espressione di Jean-Paul Sartre «l’enfer, c’est les autres», l’inferno sono gli altri. Ora, che il coronavirus abbia ribaltato molti ruoli, luoghi comuni, stati di cose e tutto quel che si vuole, è assolutamente evidente. Cosa curiosa e, se si è avvezzi ad un po’ di umorismo, anche un po’ buffa, è che proprio lo strale sartriano rivolto verso les autres sia contenuto in un’opera teatrale il cui titolo è "A porte chiuse". Ecco, ora che a porte chiuse ci siamo un po’ tutti, con il mondo là fuori che, sornione, fa primavera senza di noi, ebbene scopriamo che ad essere un inferno è non tanto o non solo chi abita una stanza dalle porte chiuse insieme a noi, ma persino la casa in se stessa che, magari in solitudine, ciascuno vive e sperimenta come il suo unico luogo possibile in questi giorni di isolamento fiduciario.

Gli altri, insomma, cominciano forse un po’ a mancarci, forse, perché non è nemmeno così chiaro che sia davvero questo ciò che, nella sua recente intervista all’Huffington Post, volesse dire Massimo Cacciari nel sostenere che «la casa è un inferno». In fondo, Cacciari si è limitato a lamentarsi, del fatto che a casa non riesce a leggere, scrive con difficoltà e non si concentra, insomma «una situazione angosciante». Il filosofo Cacciari al suo intervistatore che, inevitabilmente, ha provato a stuzzicarlo su considerazioni elevate in materia di coronavirus, menzionando il dibattito che infiamma i colleghi, si è sentito sin dal principio rinfacciare un secco «non ho nessuna voglia di fare filosofia», salvo poi, altrettanto inevitabilmente (è il suo carattere avrebbe detto Orson Welles), lasciarsi andare a considerazioni filosofiche degne di nota. Tra queste ne evidenziamo solamente due: la prima, il fatto che il virus stia accelerando dei processi politici, sociali ed economici già in atto da tempo e, in conseguenza di ciò, la seconda questione sollevata è che si potrebbe prefigurare un’importante svolta geopolitica nel breve-medio periodo, con protagonista sullo scacchiere globale la Cina, o quanto meno il "modello cinese". In merito a quest’ultimo, Cacciari lo ha senza mezzi termini chiamato in causa accostandolo al concetto giuridico, politico e filosofico di "stato d’eccezione": «Lo stato d’eccezione permanente spinge verso il decisionismo. Il modello cinese si potrebbe imporre su scala mondiale».

Si tratta di un tema che continua a fare ritorno in questi giorni, come se parlarne potesse in un certo senso schermarne i pericoli annunciati. Ad inaugurare il confronto sull’argomento, come già rilevato alcune settimane addietro, era stato un altro filosofo italiano, Giorgio Agamben, il quale fino ad oggi ha continuato a ricevere, a seconda dei casi, talvolta ingenerosi rigurgiti intellettuali mascherati da critiche, in altri casi vere e proprie pacche sulle spalle filosofiche, in altri ancora franche ma puntigliose rimostranze. A nostro avviso, se si vuol per forza sostenere, così come qualcuno continua a fare, che Agamben abbia perso il lume della ragione, ebbene bisogna senz’altro aggiungere che nella sua supposta follia vi è del metodo e che, forse, a questo metodo un briciolo d’ascolto vada ancora concesso.

Agamben, nel corso del suo penultimo intervento tenuto sull’argomento coronavirus nella rubrica Una voce ospitata dall’editore Quodlibet, ha voluto evocare Elias Canetti, l’autore di "Massa e potere", in particolare riferendosi all’insorgere prepotente nella nostra quotidianità del concetto di "distanziamento sociale". Che sia un metro, piuttosto che due, oggi da più parti ci viene detto che, non solo si deve "restare a casa", ma anche che quando si esce, là dove sia indispensabile, è pur sempre necessario mantenere le distanze (di sicurezza). La paura di essere toccati dagli altri è qui confermata e istituzionalizzata, ma paradossalmente contribuisce secondo Agamben a formare ciò che, stando alle analisi di Elias Canetti, produce altresì il suo rovesciamento, vale a dire una "massa". Oggi, più che dei singoli individui, il divieto di uscire di casa fonderebbe per Agamben una sorta di «massa rovesciata» che "resta a casa". Una massa che, invece di essere densa come quella descritta da Canetti dove, rovesciandosi ed annullandosi la paura di essere toccati dagli altri, «è come se tutto accadesse all’interno di un unico corpo», si rivelerebbe oggi piuttosto «rarefatta», ma pur sempre «passiva» e, dunque, ugualmente «compatta». La domanda alla quale questa analisi prova a fornire risposta, era stata in realtà posta dallo stesso Giorgio Agamben in un suo precedente contributo sempre dedicato all'attuale situazione, e suonava esattamente così: «Perché non ci sono state, come pure era possibile immaginare e come di solito avviene in questi casi, proteste e opposizioni?».

Ora, vi sono molti modi per provare a rispondere ad un tale quesito. Il primo e, forse, fin troppo ottimistico, potrebbe essere quello di sostenere che in fondo i tanti cittadini che hanno scelto di rispettare le norme lo hanno fatto per solidarietà più che per paura, per senso di responsabilità più che per la disponibilità nel sottomettersi passivamente a dei divieti. Ma questo, ammettiamolo, vorrebbe però dire concedere più intelligenza ai cittadini di quanta forse Agamben stesso non sia disposto a fare. Più prosaicamente si potrebbe poi far notare che, in realtà, diverse forme di "proteste" vi sono state: cos’altro sono in fondo le lunghe code di auto sul Raccordo Anulare nell’ultimo weekend pasquale? Insomma, per dirla con il Cacciari dell’intervista già citata «prendere qualsiasi cosa accada nel mondo e interpretarlo come una svolta della storia» rischia talvolta di essere «un vizio da intellettuali alla moda». Vi è in questa dichiarazione qualcosa di vero, così come tuttavia qualcosa di assolutamente ineludibile vi è in tutte, quelle condivisibili così come quelle confutabili, affermazioni di cui Agamben si sta facendo prodigo dispensatore dallo scorso 26 febbraio. Il tema, tuttavia, eluso un po’ dovunque parrebbe però essere questo: quale sarebbe stata un’alternativa possibile a quel che si sta vivendo? Lo "stato d’eccezione" attuale che ci rende "massa rarefatta e casalinga", ha un’alternativa plausibile, oppure è proprio nel come si riesce a vivere questa (inevitabile?) condizione che si colloca l’unica, e forse anche responsabile e per questo liberatoria, forma di resistenza?

Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione, così recita la formula sacra. Ebbene, oggi a ben guardare, ad essere sovrani potenziali siamo tutti quanti noi. È qui una differenza (storica?) non da poco che pare essere stata però sottovaluta dai commentatori. Oggi, ciascuno di noi può decidere del proprio stato d’eccezione, e lo può fare perché per "porsi al di fuori della legge per il tramite della legge stessa", in fin dei conti non c’è affatto bisogno di essere il primo ministro di uno Stato. Per farlo, dopotutto, è sufficiente una banalissima autodichiarazione («forma legale di ciò che non può avere forma legale»?). Compilando un pezzo di carta e apponendovi una firma, ciascuno di noi decide di porsi al di fuori delle norme che vietano gli spostamenti e lo fa, rigorosamente, per il tramite della legge stessa, barrando le apposite caselle che riservano la possibilità di spostarsi per le ormai ben note casistiche. Se di una «massa rarefatta e compatta» si tratta, quella che decide di "restare a casa" è comunque una ben strana massa che ha in se stessa, per ciascun individuo, l’eccezionale potenza di manifestare la propria sovranità. Una potenza che, sia detto senza ironia alcuna, ritrova forse anche in questo caso la sua virtù nella potenza di non manifestarsi. Per questo, oggi, non senza una velata tristezza contrappuntata dalla gioia di star decidendo non per un divieto e nemmeno per un principio morale, ma per quella strana cosa che istintivamente chiamiamo altruismo, il consiglio non può, malgrado tutto, che essere quello di restare a casa, senza paura...

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