Con il "Giulio Cesare" diretto da Àlex Rigola inizia il 6 luglio il 68° Festival shakespeariano
Il Festival shakespeariano sarà inaugurato, mercoledì 6 luglio alle 21.15 al Teatro Romano, dal dramma storico Giulio Cesare. Le repliche si terranno il 7, 8 e 9 luglio alla stessa ora.
La regia è a firma di Àlex Rigola, direttore della Biennale Teatro di Venezia. Lo spettacolo – prodotto dal Teatro Stabile del Veneto -Teatro Nazionale in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese – vedrà il ruolo di Marco Antonio interpretato da Michele Riondino, attore che ha raggiunto grande notorietà in televisione nella parte del giovane Montalbano. Gli altri interpreti sono Maria Grazia Mandruzzato (a cui è stato affidato il ruolo di Cesare), Stefano Scandaletti, Michele Maccagno, Silvia Costa, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino, Riccardo Gamba, Raquel Gualtero, Beatrice Fedi e Andrea Fagarazzi.
Il 6 luglio alle ore 21 prima dell’inizio di Giulio Cesare, sarà consegnato a Toni Servillo Il 59° premio “Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa”.
William Shakespeare scrisse Giulio Cesare nel 1599, ispirandosi in parte a fatti storici e in parte alla traduzione di Sir Thomas North delle Vite dei nobili greci e romani di Plutarco. L’opera sintetizza i tre anni che vanno dalla vittoria di Munda nel 45 a.C. al suicidio di Bruto nel 42 d.C. e li fa durare meno di sei giorni. Questa “compressione” degli eventi fa sì che l’intera narrazione sia un unico, ininterrotto conflitto, sia a livello personale che politico. Un conflitto che Àlex Rigola evidenzia, e che trova in Michele Riondino, apprezzato attore di cinema, teatro e televisione, l’interprete ideale per il ruolo del nobile Marco Antonio. Direttore della Biennale Teatro di Venezia, Rigola realizza la sua prima regia italiana tornando all’opera che lo fece scoprire a livello internazionale. Un testo epico, intenso e appassionante, che ruota intorno all’esercizio del potere, in questa versione impersonato da una donna, Maria Grazia Mandruzzato, nel ruolo di Cesare.
«In lei – dice una nota relativa allo spettacolo – si raccolgono le tante espressioni di “donne al comando” che al giorno d’oggi sanno imporsi con la stessa inflessibile determinazione degli uomini, se non di più. È la dimostrazione che, al di là delle questioni di genere, tutta l’umanità è per sua natura soggiogata al fascino del predominio dell’uno sull’altro. Del resto, chi incarna il potere ha gioco facile nel condizionare un’umanità alienata, immobile, riluttante a mettersi in gioco». Vivere appesi a un filo, in uno stato di precarietà, di contraddizione continua, di violenza pervasiva e latente: da questa condizione umana prende avvio la strada che Rigola ha scelto di percorrere per guidare il lavoro dei dodici attori in scena. Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione?
Su queste ed altre questioni, eternamente attuali, si è confrontato il cast selezionato dal regista spagnolo – un gruppo composito di attori con esperienze internazionali (Silvia Costa, Pietro Quadrino, Raquel Gualtero e Andrea Fagarazzi) accanto a interpreti quali Romeo Castellucci, Jan Fabre e Sasha Waltz affiancato da giovani e talentuosi attori che si sono formati nella scuola del Teatro Stabile (Margherita Mannino, Eleonora Panizzo e Riccardo Gamba). I ruoli centrali di Bruto e Cassio sono invece stati affidati a due interpreti di grande esperienza come Stefano Scandaletti e Michele Maccagno. I loro personaggi, pur così diversi e mossi da intenzioni all’apparenza opposte, arrivano a credere contemporaneamente che l’assassinio del leader sia l’unica via percorribile.
Ma cosa accade dopo il delitto? Bruto, Cassio e gli altri congiurati agiscono perché credono che sia necessario un cambiamento e uccidere Cesare sembra l’unico modo per ottenerlo. La verità, però, è che non sanno esattamente cosa succederà dopo: non sanno che il sogno utopico della repubblica resterà inascoltato, che la violenza genera solo altra violenza. In questo dramma romano non ci sono eroi ma soltanto uomini; nel Giulio Cesare non ci sono certezze né valori assoluti. Tutto passa e tutto cambia e la realtà è inafferrabile e sfuggente, suscettibile di mille interpretazioni. Come quelle che attraversano questa versione del testo contemporanea, viscerale, fuori dagli schemi e dalle categorie, che interroga lo spettatore e lo mette di fronte a se stesso.
La regia di Àlex Rigola si avvale dello “spazio scenico” atemporale di Max Glaenzel, dell’universo sonoro post-contemporaneo di Nao Albet, delle luci evocative di Carlos Marqueri e dei costumi tra il classico e il pop ideati da Silvia Delagneau. Una produzione che varcherà anche i confini nazionali, per portare in Europa il talento e la passione degli attori italiani coinvolti in questa nuova avventura del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale.