Al Cinema Teatro Alcione venerdì 26 febbraio "Il Figlio di Saul" vincitore del Grand Prix a Cannes
"Il Figlio di Saul" (Saul Fia, Ungheria 2015, 107') Di László Nemes, con Géza Röhrig, Levente Molnar, Urs Rechn, Todd Charmont.
Venerdì 26 febbraio ore 17.00 - 21.00* (Intero € 4,50 - ridotto tesserati Cineforum Alcione, Cral Comune di Verona, Over 60 , Studenti Universitarie € 4,00) *
La proiezione delle ore 21.00 verrà presentata da:
- Carlo Saletti: Storico, regista teatrale e traduttore. Ha scritto assieme a Frediano Sessi Visitare Auschwitz (Marsilio, 2012) e La voce dei sommessi - (Marsilio 1999).
- Giancarlo Beltrame: Giornalista, critico cinematografico e docente universitario.
- Bruno Carmi: presidente della Comunità Ebraica di Verona
Le testimonianze sepolte nella terra di Birkenau e dissotterrate dall'oblio dallo storico veronese Carlo Saletti hanno ispirato il film "Il figlio di Saul" del regista ungherese László Nemes, candidato all'Oscar come miglior film straniero, già vincitore del Golden Globe e del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2015. Il regista, ha spiegato di aver voluto raccontare, attraverso la storia inventata dell'ebreo ungherese Saul Ausländer quella vera dei Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau.
Siamo nell'ottobre 1944. Saul é costretto ad assistere allo sterminio della sua gente che 'accompagna' nell'ultimo viaggio. Isolati dal resto del campo i sonderkommando sono selezionati per rimuovere i corpi dalle camere a gas e poi cremarli. Testimoni dell'orrore e decisi a sopravvivervi, il gruppo si prepara alla rivolta prima che una nuova lista venga stilata condannandoli a morte. Perduto nei suoi pensieri tra i compagni che lo circondano, Saul riconosce nel cadavere di un ragazzino suo figlio. La sua missione adesso è quella di dare una degna sepoltura al ragazzo. Alla ricerca della pace e di un rabbino che reciti il Kaddish, Saul farà la sua rivoluzione.
Il regista ungherese al suo esordio, ha scelto di girare in 4:3. Le proporzioni del formato, che limitano lo sguardo e fugano la spettacolarità delle immagini, rimarcano il punto di vista del protagonista. Il formato dell’immagine è quasi quadrato, la macchina a mano tallona Saul nell’inferno del campo, un inferno che seguiamo attraverso i suoi occhi, con la (falsa) soggettiva della dannazione: non ci sono campi totali, solo inquadrature ravvicinate, forzatamente parziali, inconcludenti, “rumorose” – e infatti il lavoro sul sonoro è strepitoso.
Ed è, tutto, documentato: Nemes, che ha avuto parte della famiglia assassinata ad Auschwitz e ha sempre trovato frustrante la miticizzazione insita nei film sui campi (come nei più più spettacolari film di Spielberg e Benigni), ha trovato ispirazione in Requiem per un massacro di Elem Klimov (1985), e soprattutto, ha adattato e assemblato le testimonianze di veri membri dei Sonderkommando di Auschwitz, ispirandosi a quanto aveva letto nel testo Des voix sous le cendre (Voci sotto la cenere) miscellanea del Centre de documentation Juive Contemporaine di Parigi, curata da Carlo Saletti nel 2001 e riportante parte dei testi di un suo volume precedente (La voce dei sommessi - Marsilio 1999). Nella parabola di Saul, tra il caldo dei forni e le esecuzioni nel progetto di estinzione di massa degli ebrei, si intuisce, come forse mai prima, che cosa sia stato veramente lo sterminio degli Ebrei e la figura del Sonderkommando, anch'esso una vittima della geometria della morte progettata dei nazisti.
In un clima di isteria e assuefazione collettiva, che il regista restituisce attraverso la sfocatura dell'immagine, emerge il personaggio di Saul che, malgrado tutto, non ha ancora perso completamente la sua umanità. Questo autentico capolavoro del cinema è stato definito dalla critica l'unica vera e ultima testimonianza cinematografica per il giorno della memoria del 2016 e per quelle a venire. A tutto il resto, che c'è stato e che ci sarà, anche alle vie lastricate dalle migliori intenzioni non si potrà più credere.
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