Torna anche a Verona il Festival biblico per la 15^edizione dedicata alla "polis"
Dalla Verona Romana a quella Medievale (con le sue porte murarie un tempo presidio della città, che oggi fanno ombra ad eleganti caffè, i suoi spiccati campanili, pittoresche viuzze, romantiche vedute), fino alla “Città Alta”(che affaccia su più punti, tra cui la terrazza di Castel San Pietro), e alla città d’arte (mappata da architetture e palazzi d’ogni epoca, cui fanno da cornice i sentieri della sinistra Adige), l’urbe scaligera appare degna dell’appellativo di “polis” sotto più un punto di vista.
«Una città a misura d’uomo, interamente godibile a piedi come Verona – spiega mons. Martino Signoretto, Vicario Episcopale per la Cultura della Diocesi di Verona –, che non è né eccessivamente estesa da rischiare di smarrirsi, né così piccola da rischiare di annoiarsi, merita il titolo di polis anche per la presenza di una cittadinanza attiva, impegnata a costruire una città, e una felice convivenza, tutti insieme, attraverso iniziative di valorizzazione del territorio talvolta molto originali. Uno dei nostri fiori all’occhiello, poi, è la macchina del volontariato. Già San Zeno, nel IV sec. d.C., elogiava i veronesi con queste parole: Le vostre case sono aperte a tutti i viandanti; sotto di voi nessuno ne’ vivo ne’ morto fu visto a lungo ignudo. Ormai i vostri poveri ignorano che cosa sia mendicare il cibo; ormai le vedove e i bisognosi redigono il testamento».
Similmente a una barca, prosegue il biblista Signoretto, «la nostra Verona naviga, da sempre, sul corso tortuoso di un fiume, proponendosi come crocevia delle più importanti arterie stradali, e i suoi cittadini non sono semplici passeggeri, bensì pellegrini chiamati a far parte di un unico equipaggio, una ciurma di anime molto diverse, e per questo anche parecchio arricchenti. Motivo per cui, da Veronesi, non possiamo più accontentarci di “vendere” la nostra città sotto l’esclusiva etichetta del mito “Giulietta e Romeo” ovvero dell’Arena. Verona è molto di più!».
È una polis che sorprende in ogni suo scorcio e a ogni passaggio. Una miniera di attrazioni e racconti «che in virtù di questa sua versatilità, ci permette inoltre di proporre un Festival Biblico ogni anno più innovativo, in sintonia con l’anima della città e le aspettative di tutti i partecipanti».
Mai come in questa edizione, dunque, la rassegna sulle Sacre Scritture approda in riva all’Adige con un buffet di spunti serviti su un piatto d’argento, dal consueto “Piatto Biblico”, «che vedrà cimentarsi i ristoratori nell’invenzione di una ricetta ispirata a una (metro)polis, sia essa italiana o estera (non mancheranno, ad esempio, i piatti “Tokio” e a “San Pietroburgo”), ai convivi culturali sul futuro delle nostre periferie e dei nostri beni architettonici. Quest’ultimo, tema cardine della serata inaugurale del 3 maggio, alla quale abbiamo invitato due esperti di urbanistica: l’architetto Guendalina Salimei, dalla cui vicenda professionale ha tratto ispirazione il film Scusate se esisto, con Paola Cortellesi e Raul Bova (del regista Riccardo Milani), e don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI. Abbiamo quindi prodotto uno spettacolo sulle città bibliche, intitolato “Beth”, nel quale le celebri Gerico, Sodoma, Gerusalemme, descritte nelle Scritture, prenderanno la parola attraverso un’interprete d’eccezione, l’attrice Daniela Poggi, per l’occasione affiancata dall’attore Attilio Fontana».
Altro spazio di riflessione sulla città di oggi e di domani, si aprirà nei due eventi “La città che rifiorisce” (due casi di rinascita sociale ed economica, ovvero Sebaste e Betania, in Terra Santa, illustrati da una storica dell’arte e un biblista) e “Smart City alla ricerca della felicità, le sfide dell’innovazione”, incentrato sull’attuale dibattito della conciliazione tra innovazione tecnologica e centralità della persona.
Novità assoluta, infine, sarà lo spettacolo esperienziale con i detenuti del carcere di Montorio: “Ne la città dolente”, scritto e diretto dal regista Alessandro Anderloni. Un cammino tra le mura del penitenziario, sui passi dell’Inferno di Dante Alighieri, accompagnati appunto dai detenuti-attori del gruppo teatrale del carcere di Verona, e da una decina di studenti delle scuole secondarie veronesi, chiamati come co-protagonisti. A gruppi di cento, gli spettatori cammineranno lungo gli spazi della reclusione carceraria, dando vita a uno spettacolo in forma itinerante tra corridoi, aule rieducative, aree trattamentali. Luoghi in cui si specchiano i gironi, i cerchi, le bolge infernali della Divina Commedia.