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Cultura Centro storico / Via Cappello

Il libro "26 aprile 1945" approda in biblioteca civica a Verona

Sentita e partecipata presentazione del volume nella Sala Farinati

Sabato 10 novembre si è svolta la presentazione del volume “26 aprile 1945” nella prestigiosa Sala Farinati della Biblioteca Civica di Verona. Ospiti del “Salotto dell’avvocato”, ciclo di presentazioni di opere letterarie promosso dalla stessa Biblioteca ed organizzato dal noto avvocato penalista veronese Guariente Guarienti, sono stati i tre autori montoriesi Cristian Albrigi, Gabriele Alloro e Roberto Rubele che hanno esposto per una buona mezz’ora i contenuti del libro, le vicende degli ultimi giorni della guerra a Montorio e dintorni con l’episodio centrale della strage costata la vita a tredici civili e le ricerche durate anni che poi, quasi per caso, hanno portato anche alla scoperta di un campo di concentramento per ebrei nelle campagne tra Montorio e San Michele.

Ha aperto l’incontro Guariente Guarienti con un intervento molto “forte”: «Questo libro è frutto di una straordinaria ricerca di tre autori che con pazienza e in più anni di lavoro sono andati a parlare e ad intervistare persone che del 26 aprile del 1945 avevano dei ricordi a volte precisi a volte più confusi. Hanno raccolto una serie notevolissima di testimonianze. È un libro doloroso, ci sono fatti terribili, in certi punti emoziona. In guerra purtroppo ci sono comportamenti bestiali. In guerra l’essere umano in certe situazioni diventa una bestia. Grazie a questo libro possiamo aprire gli occhi su una storia drammatica e su una tragedia in buona parte finora sconosciuta». 

Ha presentato e moderato l’incontro Donatello Bellomo, già caporedattore della sezione Cultura e Spettacoli del giornale L’Arena, membro del Titanic Historical Society e della Society For Nautical Research, nonché autore di oltre una ventina di romanzi storici, che ha dato notevole spessore all’incontro. Questi alcuni significativi passi dei suoi interventi: «Il libro è arrivato in tempo. Mancava poco che molte delle testimonianze contenute andassero perdute. Racconta le ore disperate del giorno più lungo di Montorio. I tre autori, che non hanno esperienza consolidata di scrittura, hanno fatto una cosa eccezionale: hanno riportato alla coscienza quello che rischiava di essere dimenticato per sempre. Lo hanno scritto come fosse la sceneggiatura di un documentario. Queste pagine ci prendono e ci portano in giro per Montorio durante queste ore terrificanti in cui come nel Riccardo III di Shakespeare l’uomo dimostra di essere belva. Sono pagine emotive ed emozionanti, partecipate: gli autori ci portano nelle case della gente che si rifugia in cantina perché arrivano i proiettili, si sente l’odore delle pentole sul fuoco, l’umido delle cantine dove ci si nasconde… si sente il calore delle tegole illuminate dal sole. È la coda di sangue nel giorno in cui si poteva tirare un sospiro di sollievo, dopo che la guerra, questa follia, questo tritacarne, era finita. Fedeltà di cronaca e fedeltà letteraria si sposano. Le interviste sono state incrociate laddove qualche elemento poteva risultare dissonante come prospettiva e dal punto di vista della fedeltà letteraria hanno veramente compiuto un’opera encomiabile. La copertina è stata realizzata sicuramente da un grande esperto di grafica: riporta una foto con un feretro e una linea rossa che ricorda il sangue con una scritta dello stesso colore rosso, fatta in corsivo, esattamente come un appunto su un diario per ricordare qualcosa che è accaduto e che non deve più accadere».

Roberto Buttura è stato quindi chiamato in causa da Bellomo per raccontare il suo ruolo di “mentore” dei tre autori aiutandoli ed introducendoli in alcuni ambienti della ricerca, procurando loro contatti di qualche testimone ed incoraggiandoli nei momenti di difficoltà: «L’episodio di Montorio del 26 aprile 1945, ricordato in questo libro, è stato molto controverso e nessuno ha mai messo per iscritto ciò che è accaduto. C’è stato il rifiuto del paese di ricordare la cronaca di ciò che è accaduto. Gli unici che sono stati ricordati sono i tredici morti i cui nomi appaiono sul monumento che ricorda il 26 aprile. Gli autori hanno fatto una cosa formidabile. Sono andati a bussare alle case per quattro anni a raccogliere tutte le testimonianze possibili e poi le hanno elaborate e incrociate. Secondo me il libro è straordinario proprio perché unisce il rigore storico al sentimento. Un libro che non parla solo di Montorio, ma anche di Ferrazze dove ci sono stati nella stessa giornata altri morti, in quello che noi definiamo il giorno della Liberazione e che invece si rivela essere quello più tragico: nel momento in cui pensi che la guerra sia finita e che il paese sia immune ecco invece l’episodio più tragico. Tra Ferrazze e Montorio, nel giro di poche ci sono stati cinquanta morti, ammazzati o sulla piazza o appena fuori dalle cantine».

Giuseppe Anti, laureato in Storia contemporanea, giornalista, curatore delle pagine culturali del quotidiano veronese L’Arena e collaboratore dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, ha fatto un’interessante relazione sul significato intrinseco dell’opera e sul valore di un’opera scritta da semplici appassionati “non professionisti” ed accennando alle illuminate figure della famiglia montoriese degli Zorzi, Bepi in particolare la cui storia viene menzionata nel suo ultimo saggio intitolato “L’impopolare” (Cierre Edizioni, 2018) imperniato sulla figura del giornalista e politico veronese Giovanni Uberti, primo sindaco democristiano della Verona del dopoguerra: «La prospettiva con cui è stato ricostruito il 26 aprile 1945 in questo libro è la stessa che sceglie Stendhal nella “Certosa di Parma” per descrivere la battaglia di Waterloo, che è raccontata come la vide Fabrizio Del Dongo. Quello che è successo a Montorio viene descritto con gli occhi di chi ha visto o dalla finestra di casa o della cantina o dalla cucina di Montorio. Tutti i racconti sono stati messi assieme lasciando poi il materiale disponibile a chi vuole per fare una sintesi o una critica. Questo è il lavoro preziosissimo che è stato fatto per questo libro. Un particolare ringraziamento per il meritorio lavoro prodotto dall’Associazione montorioveronese.it che ho avuto modo di apprezzare durante una ricerca biografica su Giovanni Uberti». Ha concluso Guariente Guarienti raccontando la sua lucidissima e drammatica testimonianza dell’esplosione di Forte Castelletto avvenuta il 13 settembre 1943. Fra gli interventi del pubblico è stata molto apprezzata la testimonianza del dottor Mauro Altichieri che con misurate parole ha raccontato l’analogo episodio di Montorio accaduto lo stesso giorno ad Oppeano, suo paese natale, nel quale persero la vita il padre e lo zio.

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