Alberto Molon al Club Il Giardino presenta il suo nuovo disco "Hanno ragione tutti"
Venerdì 3 marzo al Club il Giardino di Lugagnano di Sona (VR) Alberto Molon presenta per la prima volta dal vivo il nuovo disco “Hanno ragione tutti” accompagnato dai SuperWanted, ovvero Christian Paganotto (batteria), Giacomo Capraro (basso), Massimo Manticò (chitarra) e Stefano Romano (piano, synth) (inizio ore 21.30, via Cao del Prà 82). Il terzo lavoro del cantautore veronese, in uscita il 24 febbraio, è stato prodotto da Martino Cuman (Non Voglio Che Clara) e raccoglie undici canzoni di songwriting pop-rock apparentemente classico, fra brani ironici, altri più interiori e sentiti, altri ancora capaci di delineare con poche parole delle situazioni che tutti abbiamo vissuto almeno una volta nella vita.
Tuttavia, a completare questa classicità di scrittura, c'è in “Hanno ragione tutti” un proposito preciso che lo rende un disco abbastanza raro nel panorama pop italiano contemporaneo, lontano sia dall'indie-pop che va per la maggiore sia dalle brutture delle produzioni mainstream odierne. “Hanno ragione tutti” è stato anticipato nelle scorse settimane dal videoclip della title-track, il racconto con toni ironici e un pizzico di surrealtà di una storia in odore di friendzone in cui un “cane”, illuso dalle iniziali attenzioni di una ragazza che stava solo furbescamente giocando coi suoi sentimenti, viene rifiutato e rimane con un pugno di mosche in mano.
Molon è un cantautore che ama il primo Vasco Rossi e in generale le cose migliori del pop italiano degli anni '80. A ciò unisce la sua passione per gli U2 (vedi l'ironica traccia di apertura “Volevo essere The Edge”), per i Beatles e per David Bowie, effervescenze di uno spirito blues-soul che talvolta fa capolino qua e là. Ma la sua scrittura ha anche la stessa indole dei migliori cantautori pop mainstream degli ultimi anni, gente come Mario Venuti o Max Gazzè, da cui Alberto riprende non un'influenza diretta ma una visione del pop nobilitata, che non tralascia mai di essere leggera e immediata. Su queste fattezze Martino Cuman ha innestato arrangiamenti che arricchiscono le parti musicali dei brani, ampliandone le tonalità e i colori ed inserendo passaggi di suono sorprendenti, fra riff chitarristici raffinati, synth crepuscolari e innesti di groove vitaminico.
Dietro l'aria a volte scanzonata a volte seria (ma mai seriosa) di Alberto Molon, c'è il disco di un cantautore dall'ottima penna. Capace di episodi beffardi (la title-track), ma anche di ballate emotive sull'assenza (“Dove sei”) e sulla necessità delle sconfitte (“Meglio un taglio che niente”). Fino alla straordinaria visione ancestrale di “E forse”, radicalmente all'opposto dei toni da commedia all'italiana di “La storia di un film”, ispirata dal latin-lover Gigi Rizzi. Tutte sfaccettature della natura multiforme di Alberto Molon e del suo disco capace al contempo di fare sorridere e luccicare gli occhi. Riuscendo in quella prima, necessaria funzione che ogni disco pop dovrebbe avere: parlare a tutti e di tutti, tenendo una piacevole compagnia.
(fonte foto Macramè - Trame comunicative)