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Verona, tasse e Tasi succhiasoldi: i più colpiti in Veneto saranno veronesi, padovani e vicentini

La Cgia di Mestre: "Stima molto prudente visto che i sindaci avranno la possibilità di aumentare ulteriormente l’aliquota. Per i capannoni gli imprenditori potrebbero arrivare a pagare fino ad un miliardo in più. Inaccettabile"

Si chiama Tasi, Tassa sui servizi indivisibili”, nuovo tributo annuale che riguarda, ad esempio, la manutenzione stradale o l’illuminazione comunale. Se l'aliquota applicata fosse quella "base" ovvero dell'uno per mille la Tasi “colpirà” soprattutto i proprietari di immobili di Padova, di Verona e di Vicenza. Lo rileva una simulazione della Cgia di Mestre. I padovani saranno chiamati a versare 73 milioni, gli scaligeri 67 milioni e i vicentini 63 milioni di euro. Complessivamente nelle casse dei Comuni veneti dovrebbero arrivare 354 milioni di euro. Sull'ordine delle regioni, in testa si troveranno Lombardia (660 milioni), Lazio (480 milioni) e Veneto (354 milioni l'anno). Complessivamente nelle casse dei Comuni dovrebbero arrivare poco più di 3,8 miliardi di euro. “Questa stima – segnala il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – è molto prudenziale, in virtù del fatto che i sindaci avranno la possibilità di aumentare ulteriormente l’aliquota. Pertanto, è molto probabile che alla fine il gettito complessivo sarà superiore ai 354 milioni da noi preventivati”.

Le Province, invece, dove la Tasi peserà di meno sono Venezia (59 milioni di euro), Belluno (17 milioni di euro) e Rovigo (14 milioni di euro). Nello studio la Cgia ha inserito anche i dati delle province del Friuli Venezia Giulia. A Udine il gettito dovrebbe essere di 33 milioni di euro, a Pordenone 21 milioni, a Trieste 19 e a Gorizia 8. Mentre per le regioni la Tasi peserà di meno in Basilicata (23 milioni di euro), il Molise (17 milioni di euro) e la Valle d’Aosta (14 milioni di euro).

"E’ chiaro – fa notare la Cgia – che in questa stima il carico fiscale più importante è in capo nei territori dove è maggiore il numero degli immobili ad uso abitativo e quelli riconducibili alle attività commerciali/produttive". Se sulle prime abitazioni la Tasi, di fatto, sostituirà l’Imu, sulle seconde/terze case e sulle costruzioni ad uso produttivo, il tributo sui servizi indivisibili andrà ad aggiungersi all’Imu. Pertanto, è certo che su queste tipologie immobiliari il carico fiscale è destinato ad aumentare.

“La nostra preoccupazione – prosegue Bortolussi – è rivolta soprattutto agli effetti che l’Imu e la Tasi avranno sui capannoni. Ricordo che, su queste tipologie di immobili, viene attribuito allo Stato il gettito calcolato con l’aliquota base del 7,6 per mille, mentre solo la parte eccedente questa soglia, fino al livello massimo del 10,6 per mille, finisce nelle casse dei Comuni. L’aliquota media Imu applicata sui capannoni è stata del 9,33 per mille. Ora, i sindaci hanno la possibilità di applicare in via aggiuntiva la Tasi fino a raggiungere la soglia dell’11,4 per mille. Se dovessero applicare l’aliquota base del nuovo tributo, ovvero l’uno per mille, gli imprenditori si troverebbero a pagare un miliardo in più. Una cosa inaccettabile”.

La Cgia, inoltre, solleva un altro grave problema: “Dopo sei anni di crisi – conclude Bortolussi - molti imprenditori hanno chiuso l’attività e sono sommersi dai debiti. Nella stragrande maggioranza dei casi, visto il crollo del mercato immobiliare, non sono riusciti né ad affittare né a vendere il capannone. Come faranno a pagare l’Imu su un immobile che non genera nessun reddito ? Forse è giunto il momento che la politica intervenga ed esoneri il pagamento per i proprietari che si trovano in questa situazione”.

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