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Donne lavoratrici, in Veneto poche ai vertici e pagate meno degli uomini

Presentato il report biennale sull'occupazione maschile e femminile in regione. L'assessore regionale Elena Donazzan: «Rimane ancora molto da fare per superare la disparità»

È stato presentato a Padova, nella Sala Archivio Storico di Palazzo Bo, il report biennale 2016/2017 sull'occupazione maschile e femminile in Veneto, a cura della Regione e della consigliera regionale di parità Sandra Miotto.
«I migliori dati di sempre - ha commentato l'assessore regionale al lavoro e alle pari opportunità Elena Donazzan - che inquadrano un contesto di piena occupazione recuperando e superando i livelli pre-crisi, merito di un tessuto economico e produttivo molto dinamico e della bontà degli interventi regionali in materia. Aumentano le donne dirigenti, aumentano le donne quadro, aumenta l'occupabilità femminile anche grazie alla conciliazione dei tempi, raggiungendo così qui livelli-obiettivo che l'Unione Europea ci aveva affidato».

I dati proposti dal report vedono, per il Veneto, un aumento dell'occupazione femminile e del numero di donne che ricoprono ruoli chiave. Nella nostra Regione infatti, nel 2017, il 45,9% degli occupati è donna, con un aumento rispetto all'anno precedente del +5,1%, e con un aumento del +3,7% degli occupati donna con posizioni dirigenziali.
I destinatari di nuove assunzioni nel 2017 sono per il 50,7% donne, e le promozioni di carriera in rosa registrate ammontano ad un 45%.

I lavori apicali restano tuttavia una prerogativa maschile, con solo un 21% di dirigenti donna ed il 33% di quadri.
Il lavoro femminile resta maggiormente mobile, con un maggiore utilizzo del part-time (31,8% contro i 4,3% per gli uomini nel 2017) e maggiori cessazioni alla scadenza del contratto (44,6% contro il 34,5% per gli uomini nel 2017). Esiste poi una differenza salariale di genere: la retribuzione lorda maschile media ammonta a circa 39.631€, contro i 32.530€ femminile (-18%).

Rimane ancora molto da fare per superare la disparità delle retribuzioni - ha proseguito Donazzan - un nodo culturale che va superato, perché un lavoro è un lavoro, e a qualificarlo dovrebbero essere i risultati, non che a raggiungerli sia un uomo o una donna. Un nodo che non si può superare solamente con leggi e norme, imponendo retribuzioni massime o minime: servono azioni volte a crear un humus favorevole, che porti ad una maggior responsabilità decisionale in questo campo. Serve inoltre incentivare, e su questo la nostra Regione è in prima linea, un'organizzazione flessibile e agile del mondo del lavoro, come per lo smart-working: la donna è il perno della famiglia e, di fronte ad un tasso di denatalità galoppante, dobbiamo essere in grado di aiutarla.

E la Regione Veneto è stata pungolata su questo argomento anche dai consiglieri regionali di opposizione Patrizia Bartelle, Cristina Guarda e Piero Ruzzante. «Sempre troppe poche donne in ruoli apicali, gravi e immotivate differenze salariali e la maternità che diventa un ostacolo di fatto insormontabile per la carriera lavorativa - scrivono i tre consiglieri - Si tratta di dati purtroppo già noti dal momento che, in occasione della festa della mamma, Save The Children ha pubblicato un dossier dal quale emergono sostanzialmente gli stessi dati del rapporto regionale. Per questo due mesi e mezzo fa abbiamo depositato una mozione nella quale si chiede in particolare la promozione di misure strutturali a sostegno della genitorialità, più attenzione al percorso nascita, la garanzia dei servizi educativi, la valutazione delle aziende secondo l'attenzione prestata alla genitorialità, maggiori tutele per le lavoratrici, maggior favore per il coinvolgimento degli uomini nella cura dei figli. Alla luce di questo nuovo studio su base regionale, ci sembra ancor più importante che la nostra mozione sia approvata il prima possibile».

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